Doveva essere il gioiellino di Cellino, il fiore all'occhiello degli stadi in Italia, un miracolo sardo. Ma dopo mesi di problemi, diatribe e incertezza il Cagliari Calcio lascia lo stadio di Is Arenas. 16000 posti tirati su a tempo di record in mezzo alla città di Quartu Sant'Elena, distante appunto quattro miglia dal capoluogo sardo. Lo ha deliberato il Consiglio d'Amministrazione del club che, con una lettera tanto improvvisa quanto inattesa, disdice la concessione valida fino a giugno 2015, smonta baracca e burattini e cade nell'incertezza su dove terminare un campionato, con una salvezza quasi matematicamente raggiunta.

A posteriori è stata una gran perdita di tempo, soldi e salute. Ma questo Cellino non poteva saperlo. Intenzionato a regalare alla sua squadra uno stadio dopo l'abbandono del Sant'Elia, obsoleto e fattiscente. I litigi con Zedda, sindaco di Cagliari, avevano portato a una chiusura totale di dialogo e convinto il patron rossoblu a traslocare nella più ospitale Quartu Sant'Elena. Quì un campetto di periferia in cui si allenavano diverse società tra calcio, atletica e ginnastica è stato trasformato in Stadio da Serie A. Massimo Cellino ha usato tutti i mezzi in possesso per far sorgere il proprio Castello, leciti e meno leciti. Alla fine sembrava ci fosse riuscito. L'inizio a porte chiuse contro l'Atalanta, poi l'ingresso per soli abbonati, infine l'apertura totale. Quello che sembrava l'epilogo era solo l'inizio dei problemi. Un campanello d'allarme era già suonato con gli arresti, operati dalla Forestale, di alcuni funzionari, rei di non aver rispettato le regole ambientali. Poi lo scossone: l'arresto dello stesso Cellino e del sindaco della cittadina Contini per peculato e tentata truffa. Intercettazioni, interrogatori, carte e ricorsi. E' la fine di Is Arenas, aperto da lì in poi solo a staff e pochi altri intimi. Così il castello è diventato di sabbia, di arenas appunto, come si direbbe in Sardegna.

Lo stadio è diventata una questione nazionale, con importanti esponenti del giornalismo italiano che si schieravano pro (Ivan Zazzaroni) o contro (la distorta visione di Mediaset) lo stadio. Le accuse di campionato falsato di Galliani (accuse tutt'altro che infondate). Ma fuori c'è una tifoseria intera quasi commovente, eccezion fatta per i soliti facinorosi abilissimi a creare problemi. Lo stadio è chiuso? Nessun problema, vanno fuori a cantare, tifare e sostenere la squadra. Arrivano così vittorie quasi insperate contro Sampdoria e Fiorentina: lo stadio è vuoto, ma il tifo proveniente dalle vie adiacenti è assordante. I giocatori se ne accorgono, percepiscono e ringraziano, a fine partita, uscendo dal campo e salutando i tifosi.

Il prefetto Serra l'aveva detto: Cellino si scordi questo stadio, lo faccia da un altra parte. Il consiglio è stato ascoltato, con un po' di ritardo. Gli spalti verranno smantellati e spostati, la main stand con "gradoni in legno, pavimenti in ceramica e soffioni delle docce grandi come cerchioni di un camion" (così il patron dei sardi aveva descritto il suo stadio in un intercettazione con Lotito), verrà utilizzata dai futuri fruitori. Nel frattempo vige l'incertezza su dove il Cagliari terminerà il proprio campionato. Sicuramente i cagliaritani hanno ampiamente dimostrato di non meritare tutto ciò.

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