La notizia ha fatto il giro del mondo nell'ultima sessione di mercato: Nikola Kalinic dice no alla Cina rinunciando agli oltre dieci milioni l’anno offerti dai cinesi.

"Con loro sarebbe bastato un mio sì anche se non so che cosa avrebbe risposto la Fiorentina. Ma io volevo restare nel calcio europeo, giocare grandi partite, contro grandi giocatori". Dichiara lo stesso Kalinic nell'intervista rilasciata nella redazione del Corriere Fiorentino.

Anche perchè la carriera di Nikola non è stata tutta rose e fiori. Dopo l'esperienza negativa in Premier League (sette reti in due anni), era finito nel modesto campionato ucraino. "Me la sono vista brutta, per questo quando è arrivata la chiamata della Fiorentina non ci ho pensato un attimo". E allora via verso Firenze per indossare la maglia viola e il numero 9, non proprio un numero qualunque se calpesti lo stesso terreno di gioco che ha calcato un certo Gabriel Omar Batistuta: "Ma di Batistuta ce n’è uno solo", tanto per essere chiari.

Poi la tripletta a Milano contro l’Inter: "che è il momento di svolta da quando sono a Firenze". Già, il 28 settembre del 2015, i viola battono l’Inter e l’agganciano in testa alla classifica. A Campo di Marte un migliaio di persone accolgono la squadra di ritorno da San Siro. Roba da fiorentini.

Merito del bagaglio tecnico ma anche di tanti sacrifici. Su tutti quelli legati all'alimentazione. Addio a zuccheri, dolci e latticini: "Devo dire che all’inizio è stata dura, poi però mi sono abituato e ho perso 10 chili in due anni".

"Ma io non credo di valere 50 milioni, sono troppi". Sorride tornando a parlare della clausola che: "in realtà ha voluto mettere la società. A me andava bene, ma non me ne sono occupato direttamente". Perché sedersi a un tavolo non è proprio il suo sport preferito: "A quello ci pensa il manager". E così Nikola ha tutto il tempo di concentrarsi sul campo e sulla sua famiglia. Mateo, 3 anni, e la moglie Vanja, fondamentale con il suo parere riguardo l'eventuale trasferimento in Cina: "Mia moglie Vanja ha detto la sua". Facile immaginare quale fosse il parere della signora. Del resto passeggiare nel centro di Firenze è appena appena diverso dal farlo nel distretto industriale di Tianjin: "Mi piace camminare o andare in bicicletta con mia moglie e mio figlio, ma posti preferiti non ne ho e con l’italiano ancora me la cavo così così, con tutti gli slavi che ci sono nello spogliatoio finisce che parlo sempre la mia lingua". Ma soprattutto:  "Mi piace molto il rapporto che ho con i fiorentini. È bello e io in questa città mi sento a casa".

Infine una battuta sul futuro: "Ho un contratto di altri due anni quindi…", Paulo Sousa: "Un allenatore importantissimo per me a cui devo tutto, mi ha fatto rinascere" ed il Presidente Andrea Della Valle: "Mi ha chiamato quando ho scelto di rimanere qui, mi ha fatto piacere anche perché fino ad allora nessuno della società mi aveva fatto pressioni".

Una perla rara Nikola. Una di quelle persone, prima ancora che calciatori, che ti fanno ancora credere che lo schifo che circonda lo sport più bello del mondo non sia obbligatoriamente la regola. C'è ancora speranza. E allora "Grazie Nikola. Di cuore".