Tre gol in dieci minuti, alla Juventus, non si segnano nemmeno quando alla PlayStation si mette il livello più facile, figuriamoci in Serie A. Eppure, contrariamente a quanto previsto, il Genoa di Juric ha fatto l'impresa, mettendo KO la Vecchia Signora nel primo tempo e tenendola a bada nella ripresa. Che la prestazione eccellente dei rossoblu sia stata favorita da una disposizione tattica avversaria poco comprensibile e da un insufficente atteggiamento mentale dei singoli (Bonucci sul primo gol, per esempio) è indubbio, ma "giustificare" il 3-1 senza doverosamente analizzare quanto di buono fatto dal Genoa apparirebbe ingiusto e poco coerente.

Facendo leva magari sul pubblico della grandi occasioni infatti, Marassi da sempre è campo ostico per molti, i ragazzi di Juric hanno giocato a mille all'ora pressando per più di un tempo la Juventus, asfissiandola ed impedendo spesso e volentieri dolorosi contropiedi avversari. Al netto dei fatti, dunque, il confronto tra le rivali è stato vinto proprio grazie ai chilometri macinati: il Genoa ha corso tanto, anticipando sempre la manovra una Juventus troppo sulle gambe, molle, prevedibile. Inaccetabile quasi, che ancora si invochi mese di marzo per vedere novanta minuti ad alto ritmo. I giocatori bianconeri, come spesso fatto anche in passato, hanno corso poco, attendendo la palla sui piedi e venendo spesso anticipati dagli indiavolati genovesi, autori di una manovra micidiale ed avvolgente.

Un gioco comunque non troppo complicato, ma attento, come conferma d'altronde il primo gol: dal divano di casa tante cose non si notano, ma segnare durante un batti e ribatti e dopo che Buffon per tre volte in pochi secondi ti dice di no non è roba da tutti, una conferma che il Genoa è rimasto sempre sul pezzo, anche quando sopraggiunge il consueto rilassamento a gol praticamente già fatto che, spesso, ti impedisce di buttare dentro palloni ancora inspiegabilmente ancora fuori la porta. Stesso discorso, poi, all'autogol di Sandro, quando è stato Rigoni a ribadire la palla dentro nonostante il pallone avesse praticamente varcato la linea di porta, come a voler sottolineare l'impotenza e l'obbligo della marcatura ammazza-Signora

Tatticamente parlando, come sempre, il Genoa si è schierato con il falso 3-4-3, modulo in cui è proprio Rigoni l'incaricato di unire centrocampo ed attacco a mo' di cerniera, passando senza troppe difficoltà dall'essere trequartista al diventare esterno destro. L'utilizzo di tre interpreti di fascia da parte di Allegri (Lichtsteiner, Dani Alves e Cuadrado, ndr), inoltre, ha inevitabilmente favorito e non poco l'ex Chievo, che grazie alle sovrapposizioni di Lazovic ha potuto sfruttare appieno il decentramento della Signora, con conseguente doppio lavoro per un Alex Sandro in evidente difficoltà durante tutti i novanta minuti. A centrocampo, poi, Cofie e Rincon hanno saputo prenderle ma soprattutto darle, vincendo quasi sempre i duelli fisici con la fragile mediana bianconera.

Ed è stata forse questa la chiave di volta del match: tra i tanti problemi che affliggono la Juve in questa stagione, infatti, il più doloroso è sicuramente il poco peso specifico del centrocampo, con gli interpreti bianconeri costretti ad impostare il gioco più sulla qualità che sulla quantità. Quando Allegri chiede ai suoi di occupare gli spazi, lo fa proprio per sopperire alla mancanza di chili al momento dei contrasti, un tentativo di superare i centimetri avversari con la tecnica e l'ordine. Contro il Genoa, però, la formula non si è rivelata magica ed a centrocampo il rapporto tra contrasti vinti e quelli persi è stato praticamente impietoso. 

Quando poi la Juventus è riuscita a superare il centrocampo, trovava di fatto la difesa genoana schierata, con il solo Mandzukic costretto a lavorare sia di sponda che di profondità, per cercare di ribadire in rete i pochi palloni non sporcati dagli avversari. Da solo, però, il croato non ha affatto scalfito il granitico trio di casa, ed i molti tentativi di scardinare la retroguardia avversaria hanno portato a ben poco. Un gol su punizione, per essere precisi. La gara, tutto sommato, non ha regalato troppe emozioni agli ospiti, mai in partita e forse leggermente arrembanti solo nei minuti finali, alla disperata ricerca di un miracolo di fatto impossibile.

I problemi della Juventus, però, meglio lasciarli ad Allegri: Juric infatti, come spesso detto in conferenza, penso solo ai suoi e se la ride, portandosi a casa pallone e soddisfazione ma pensando già alle prossime gare. Menzione particolare, infine, al Cholito Simeone: giocarsela contro la Juve senza lasciare nulla al caso e lottando su ogni pallone non è da tutti. Chissà che il giovane non possa diventare presto un asso del nostro calcio.

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Antonio Abate
Studio Filologia Moderna a Salerno. Sogno di diventare un giornalista e/o un telecronista sportivo. Direttore Generale di Vavel Italia nonché socio fondatore di TAGS Soc. Coop. Vorace lettore.