Il Real Madrid irrompe in casa Inter e si va a prendere Kovacic. E' la notizia che ha scosso il pianeta nerazzurro, costringendo la fan-base interista e non - come il più classico tormentone calcistico italiano - a frazionarsi.

"35 milioni più bonus sono un'offerta irrinunciabile. Giusto lasciarlo partire" da un lato del ring. "Ha un talento incredibile, una classe innata. Cederlo rappresenta un segno di debolezza. In fondo, seppur fatichi, è ancora un ragazzo di 21 anni" dall'altro.

La tenera età del ragazzo di Linz è stato da sempre l'appiglio principale a chi a Kovacic ha da sempre voluto perdonare ogni cosa ed in ogni circostanza. "Ha tanto tempo davanti a sé, saprà farsi perdonare". Un po' come Dorian Gray, ritratto in maniera estatica da Basil nel celebre romanzo di Oscar Wilde, Kovacic ha sempre dovuto combattere contro l'immagine che il suo giovanissimo talento aveva creato per lui - aristocratica, giovane, bella, neo-classicista - alla quale lui ha opposto anni di apprendistato non assorbiti.

Questo vorrebbe essere un articolo di opinione quindi dirò presto la mia. Ho sempre osservato Mateo Kovacic con insofferenza. Non avevo la più pallida idea di chi fosse quel ragazzino per il quale, in un pomeriggio invernale come tanti, l'Inter aveva deciso di spendere 11 milioni di euro, gli stessi incassati dalla cessione di Coutinho sempre in quella finestra di mercato. Il parallelo con il riccioluto talento brasiliano cresciuto nel Vasco è un altro di quegli appigli che i protettori di Kovacic solevano usare per arricampicarsi lungo i pendii della discussione. "Vi pentirete di non aver puntato su di lui come state facendo adesso con Coutinho".

Paragone che conviene distruggere: Coutinho in quelle che sono state due stagioni all'Inter (esclusa la stazione all'Espanyol in prestito) ha avuto modo per distillare quello che si intravedeva del suo bagaglio tecnico in appena 27 gare da titolare. Kovacic, che ha avuto mezza stagione in più a disposizione, da titolare ne ha giocate 64, dieci in più del doppio. E' errato affermare che non si è creduto in lui. Mancini ci ha creduto, prima di lui Mazzarri ci ha creduto. Lo dimostrano i numeri

Sicuramente il ragazzo non è stato agevolato dall'avere avuto praticamente tre allenatori diversi all'Inter, e con loro tre idee di gioco diverse ed altrettante collocazioni tattiche differenti. Per Stramaccioni, Mateo Kovacic aveva nel DNA l'impostazione dalle retrovie, per lui era regista. Kovacic giocò il finire della stagione 2012/13 come centrocampista centrale del 4-4-2 e come mezzala di un 3-5-2, ma sempre con compiti da regista nel copione da recitare.

Sebbene non fosse lo stesso prototipo di giocatore di Hamsik, per Mazzarri Mateo aveva il compito di ripetere quanto di buono fatto dallo slovacco nel 3-4-2-1 di Napoli. Avendo un raggio d'azione molto più basso rispetto a quello di Marekiaro Mazzarri si adattò e dal 3-4-2-1 passò al 3-5-2. Ma Kovacic non si è mai adattato a quell'Inter: poca fame rispetto ai dettami tattici, poca propensione all'inserimento senza palla e quindi alla conclusione in porta, struttura fisica e mentale poco portata alla fase difensiva. Nonostante gli stenti si è protetto l'investimento, Mazzarri ha abbracciato la causa pur sacrificando la sua visione di gioco che prevedeva al massimo un centrocampista offensivo oltre ai due attaccanti (si arrivò a giocare con un 3-5-2 con Palacio - Icardi di punta e Kovacic - Hernanes interni).

L'anno scorso, di questi tempi, Kovacic aveva deciso di provare a diventare grande, a diventare un giocatore diverso e più incisivo. Lo start della stagione 14/15 convinse anche i detrattori che l'ultimo passo verso la consacrazione a livelli top fosse stato fatto. Mateo Kovacic, un anno fa, diventava la più grande promessa della Serie A italiana, segnando una tripletta allo Stjarnan e mettendo sul piatto una prima d'ora mai vista personalità. Lui che alla porta aveva dichiarato guerra aperta, non avendo ancora segnato nemmeno un gol in nerazzurro, a metà settembre contava già 5 gol ufficiali. Una rondine che purtroppo non ha siginificato primavera. Kovacic è ben presto tornato ad essere un normalissimo centrocampista interno, con qualche colpo di classe sparso su una tela troppo enigmatica per essere pennellata. Nonostante il ritorno alle vecchie abitudini Kovacic ha però un ruolo ben definito. E' la mezzala offensiva del 3-5-2 di Mazzarri, lì deve stare.

Mazzarri va via. Con l'avvento di Mancini Kovacic entra di nuovo nella centrifuga tattica a cui è condannato. Rispetto a Stramaccioni e Mazzarri, Mancini non ha mai avuto l'occasione di poter decidere cosa fare di Kovacic all'interno di quelli che sono i suoi moduli di riferimento durante l'estate. Inevitabilmente è stato provato a più latitudini durante il campionato stesso: ala e mezzala prima di trovare collocazione da trequartista nel 4-3-1-2. Da regista ad interno, da interno a trequartista. Quale sarebbe stato il prossimo passo, giocare da seconda punta? Lasciando stare passaggi ironici, Kovacic si apprestava alla nuova stagione in nerazzurro con quelli che sembravano i soliti, innocui, rumor di mercato sullo sfondo (Liverpool) ed in primo piano l'ennesimo spostamento tattico. Mancini, sin dalla prima amichevole, lo schiera come metodista davanti alla difesa, come regista basso, alla Pirlo. Nuova alba? Mateo comincia a prendere nuovamente le misure al ruolo già asseggiato con Strama fra test, amichevoli, sgambate ed un nuovo compagno pronto a proteggergli le spalle nei momenti in cui la battaglia sarebbe diventata più tosta: Kondgobia. Sembra tutto perfetto, sono i giorni della K2, Kovacic è titolare ma all'orizzonte cresce Gnoukouri, si brama Felipe Melo, si attende il ritorno dalle vacanze di Medel.

Una settimana fa Mateo Kovacic si accorge di aver passato l'estate sul manuale del regista by Pirlo in maniera del tutto inutile: alla prima utile Medel è titolare davanti alla difesa con Kovacic in tribuna (si sussurra per problemini fisici). Alla seconda per lui c'è spazio solo nell'assurda collocazione di ala del 4-4-2. Quattro giorni dopo il fulmine a ciel sereno, l'ufficializzazione del fallimento dell'esperimento Kovacic. Il Real lo ha praticamente comprato per una cifra che balla dai 35 milioni ai 38, una somma equivalente a quella spesa dal Bayern Monaco per far suo un giocatore fatto e finito (Vidal) cui livello sarà difficilmente raggiungibile da Kovacic all'interno della sua carriera.

Per quanto visto a Milano Kovacic 38 milioni non li vale quindi è giustissimo lasciarlo partire. La ricerca del ruolo a lui più congeniale inizialmente utile era diventata prima infruttuosa ed ora si apprestava ad esondare nel controproducente. Giusto sacrificare un giocatore che probabilmente non sarebbe stato titolare quest'anno, perché con il 4-3-3 i titolari sarebbero stati Kondogbia, Medel e Brozovic mentre nel 4-2-3-1 avremmo più facilmente visto Hernanes , con Jovetic ed il famoso esterno, dietro Maurito Icardi.

Personalmente credo che al momento Kovacic - restringendo il campo ai primi quattro campionati europei - sia capace di giocare ad alto livello in un solo tipo di sistema, il tiki-taka insistito (l'80% di possesso palla medio gli consentirebbe di potersi "addormentare" più facilmente in fase di non possesso), ed esclusivamente in un solo ruolo, la mezzala sinistra. Paradossalmente Mateo Kovacic, al momento, potrebbe giocare titolare nella miglior squadra del mondo, il Barcellona, ma non nelle 10-20 squadre immediatamente sotto i catalani. Ad appoggiare la mia tesi le dichiarazioni di Stramaccioni a SKY datate 5 dicembre 2014: “Per me Mateo è uno straordinario interno di centrocampo, lui secondo me in un centrocampo a tre è colui che ha quella capacità, rarissima nel panorama mondiale, di saltare l’uomo uno contro uno e di creare superiorità numerica in mezzo al campo, se questo lo abbiniamo a delle grandi doti di regia e di visione di gioco diventa un centrocampista moderno. Il problema secondo me è che finora nell’Inter, né con me e né nell’Inter attuale, è riuscito a giocare con due esterni offensivi, quindi questo cosa porta? Che ogni volta che gioca da interno secondo me viene esposto ad un lavoro di copertura sulla corsia laterale che ovviamente magari certe volte lo può mettere in difficoltà

Il cubo di Rubik tattico che Kovacic non ha mai risolto (ma quì le colpe non sono solo sue) è sul podio dei motivi per i quali verrà ceduto. Gli altri due posti del podio vanno all'approccio indolente con il quale ha faticato a vedersi in qualsiasi veste gli sia stata cucita addosso e la necessità a cui faceva riferimento Mancini ieri sera, quando ha praticamente confermato per bocche ufficiali l'addio. "Ci sono delle regole da rispettare". Regole (del Fair Play Finanziario) che avrebbero consentito all'Inter di lavorare ancora su quel diamante grezzo che alla fine è Mateo Kovacic nel caso in cui fossero stati piazzati più velocemente i vari Taider, Schelotto, Santon (il più testardo nell'accettare la cessione, tanto che ha costretto Ausilio&Fassone a virare sulla dipartita di D'Ambrosio), Andreolli e Nagatomo.

Resta in bocca un sapore amaro, perché, seppur fra Mateo Kovacic ed il sottoscritto non fosse mai scattata la scintilla, il ragazzo rimane un prospetto (enorme sulla carta) ed averlo avuto in dote per due anni senza mai averlo visto sbocciare rappresenta una sconfitta. Al ragazzo auguro il meglio. Buona fortuna, Mateo.