Milano-Lisbona. Volo diretto, senza scali. Senza tirare il fiato e senza pensarci su. Dalle sponde del Tago a quelle dei Navigli. Da Fernando Pessoa a Giuseppe Parini. Un viaggio durato un'intera estate. Un viaggio che Joao Mario ha appena terminato, ma che probabilmente gli cambierà la vita. Lui, lo Sporting e l'Inter, che lo aspettava a braccia aperte e non vede l'ora di metterlo in campo. Un triangolo di mercato rovente, sulla falsa riga di Perisic e il Wolfsburg non molto tempo fa. Il tecnico dei lusitani, Jorge Jesus, non si aspettava una plusvalenza monstre per un talentino forgiato in casa, ma ancora da svezzare. Il trionfo europeo, al fianco di Cristiano Ronaldo, è lo specchio perfetto di ciò che i tifosi nerazzurri si aspettano dal loro nuovo acquisto. Non la vittoria in sè, ma la consapevolezza di aver comprato un centrocampista eclettico, moderno, capace di abbinare perfettamente fisicità e tecnica. Corre, stringe, taglia, tira, crossa. Joao è un tuttofare e la sua carriera non lo smentisce.

Muove i primi passi come difensore centrale ma è nella metà campo avversaria che il Porto prima e lo Sporting Lisbona poi hanno bisogno di lui. Al centro o sulla fascia, a destra o a sinistra c'è poca differenza. La parola chiave è duttilità che, abbinata al sacrificio, autorizza i nerazzurri a sognare. Joao Mario non è il classico numero 10 nostalgico che cambia le partite con i suoi lampi di classe. E' un 10 moderno, atipico, quasi irreale. Infatti numero 10 non lo è; ma vederlo contrastare Pogba (a Euro 2016) con quella maglia sulle spalle è stato davvero affascinante. Non è utile, è semplicemente indispensabile. Mezz'ala nel 4-3-3, mediano nel 4-2-3-1 o esterno in entrambi i moduli. Capacità di adattamento a livelli sovrumani in qualsiasi condizione. Un po' quello di cui l'Inter aveva bisogno, tanto da giustificare l'esborso da 45 milioni di euro (bonus più, bonus meno). Da non trascurare assolutamente il suo vizio del gol, 11 nelle ultime due stagioni, conditi da ben 12 assist, nell'anno appena passato, che gli sono valsi il pass per Euro 2016. Sappiamo tutti come è andata a finire. Fernando Santos ne ha esaltato le qualità fisiche e la capacità di ribaltare l'azione, sprigionando energia negli ultimi 20 metri. Il vestito cucito da De Boer gli calzerà a pennello, in ogni caso, in ogni modulo e in ogni circostanza.

Lui e Gabigol sono i simboli di una società nuova, che ha voglia di scrollarsi di dosso le ceneri del passato. Un '93 e un '96 che avranno il compito di caricarsi sulle spalle la Beneamata. Tante pressioni ma anche tanto entusiasmo, forse proprio quello che è mancato all'Inter in queste prime due giornate di campionato. L'entusiasmo della prima parte dello scorso anno. Quell'entusiasmo che un portoghese con la 10 può sempre garantire.