Strano il destino. Fuori rosa ad inizio stagione, decisivo nel mare in tempesta. Rinnovo e doppietta, l'ascesa di Brozovic nel firmamento nerazzurro. Pioli si muove su un filo sottile, alla ricerca di equilibrio e certezze. Parte dal croato, dal suo dinamismo, dalla sua voglia di rivalsa. Mentre incombe la finestra di gennaio - con Brozo possibile uomo-mercato - l'Inter riparte in A, seguendo la rotta indicata dal suo centrocampista. Un colpo di biliardo, su una maldestra respinta, per inchiodare Perin, un tocco facile facile, a un passo dal dischetto, per concretizzare la scorribanda di Joao Mario. 2-0 e punti preziosi, per dare linfa al successo di Coppa e ritrovare fiducia ed autostima in A. Tre gare per chiudere il girone d'andata, nove punti in palio tra Sassuolo, Lazio ed Udinese. Le residue speranze nerazzurre transitano da qui, da un filotto di vittorie.

Vittoria sì, ma non certa priva di interrogativi. Il 3-4-3 iniziale non può essere la soluzione all'enigma, il Genoa da trasferta è spuntato, ma riesce comunque a creare grattacapi ad un'Inter di sacrificio, non certo di talento. Juric propone due idee, basiche ma redditizie. Recupero palla e lancio profondo per innescare la velocità del Cholito, scarico sull'esterno per acuire le difficoltà dell'Inter. Entrambe le soluzioni portano dividendi. D'Ambrosio e Murillo stentano a leggere le verticalizzazioni, Nagatomo e Candreva si trovano spesso nella terra di nessuno, in ritardo sulle sovrapposizioni degli esterni del Grifone. Handanovic si salva, con bravura e fortuna, il Genoa spreca, per scarso cinismo ed eccessivo piacere estetico. Il gol di Brozovic - al 38' - è quasi casuale, perché palla al piede l'Inter costruisce poco o nulla, monotona nel suo incedere. Eder e Palacio frullano alle spalle di Icardi, senza una precisa identità, cercando di aprire spazi per gli inserimenti da dietro. Sbilenchi uno-due caratterizzano una prima frazione in cui la Curva tace e il resto ribolle.

L'avvicendamento, in avvio di ripresa, tra Eder e Melo, restituisce qualche riferimento. J.Mario e Brozovic - con meno compiti di interdizione - alzano il raggio d'azione, il brasiliano - una sorta di vice Medel - si ferma un passo oltre la linea di difesa per proteggere i compagni. L'Inter torna all'antico, al 4-3-3. Perisic rileva Palacio, "sgasa" a corrente alterna, Brozovic raddoppia, con il gentile omaggio di J.Mario, che regista non è, ma palla al piede ci sa fare.

Resta nell'ombra Gabigol, si alza Banega, uno scampolo di partita, minuti che aprono il dibattito sul ruolo in squadra dell'ex Siviglia. Pioli vince ed esalta il carattere dei suoi, ma non può essere questa l'Inter di rincorsa. Il ritorno all'antico non può essere la soluzione ai mali attuali. La rinuncia ai giocatori di maggior qualità - Banega appunto e Perisic - non può essere la cartolina del riscatto. Solo trovando la quadratura - con i migliori - si può pensare a costruire il futuro. La vittoria del "caso" non deve distogliere dall'obiettivo, il frutto di una serata amica deve dare slancio a nuove idee, cancellare quel retrogusto d'antico, di vetusto, che da troppo tempo contamina San Siro.