Il 2016 si sta spegnendo tra un presepe, un panettone e una miriade di regali da scartare. L'Inter di Pioli, molto probabilmente, il suo regalo lo scarterà dal 1 gennaio in poi, quando Piero Ausilio "scorterà" a Milano il famoso centrocampista centrale. Nel frattempo, però, la vittoria con la Lazio e il clima (leggermente) più disteso, rispetto a  qualche settimana fa, permette un'analisi attenta del percorso svolto finora: 30 punti raccolti, 20 in casa, 10 lontano da S.Siro. Un rendimento altalenante, soprattutto in trasferta, che ha influenzato pesantemente la prima parte di campionato. L'avvicendamento Mancini-De Boer-Pioli non ha certamente aiutato, scombussolando un ambiente già privo di punti di riferimento. Tuttavia, la luce in fondo al tunnel sembra più vicina, con l'arrivo del nuovo anno; poichè, lungo il cammino, qualche piccola luminaria si è accesa consentendo al gregge nerazzurro di non perdere la retta via. Da settembre ad oggi tante note negative, parecchi problemi irrisolti ma anche qualche certezza, che dà speranza per il prosieguo della stagione. Una su tutti: Mauro Icardi. Il capitano è l'anima di questa Inter nonchè capocannoniere della Serie A con 14 reti in 18 partite. L'argentino, tra critiche e lodi, arricchisce il suo piatto con 5 assist decisivi (al netto di 9 totali) e 58 tiri verso la porta. Numeri pazzeschi per l'uomo degli ultimi venti metri più decisivo d'Europa (conta più gol e assist di gente come Cavani, Diego Costa e Aubameyang tra gli altri). Tra biografie ambigue, poca partecipazione al gioco e scarsa personalità, Icardi si è visto piovere addosso una marea di accuse, spesso fondate su pregiudizi e "populismo calcistico". Mauro è, attualmente, il numero 9 migliore d'Italia, con Belotti, Higuain e compagni subito sotto. E' uno dei "golden boy" da 100 milioni. Uno di quelli capace di reggere la squadra da solo e, nell'ultimo periodo, gli sta riuscendo proprio bene.

Dietro le sue larghe spalle, poche certezze e tante promesse. Guida la schiera Marcelo Brozovic, da separato in casa ad imprescindibile del centrocampo di Pioli. Quantità (ha percorso 11.595 km in 11 partite) e qualità (3 reti, 7 assist totali e 21 tiri in porta). Il croato è la cartina di tornasole perfetta di un'Inter in crescita, ma non ancora svezzata. Menzione speciale anche per gente come Candreva, che è il miglior crossatore del campionato e sta iniziando ad inquadrare anche la porta, come Handanovic, che con le sue parate tiene da 3 anni a galla la nave, e come Joao Mario, che più passa il tempo e più giustifica l'enorme investimento fatto per lui.

Accanto alle note positive è, tuttavia, opportuno analizzare anche quelle negative che offrono una panoramica più ampia dell'ambiente Inter. Errori societari, errori di mercato ed errori sul campo. Un mix di "incomprensioni" che relegano l'Inter in una posizione di classifica alquanto deprecabile. Andando con ordine, il primo errore marchiano va registrato a monte quando, in piena sessione estiva, la società ha deciso di dare il ben servito a Mancini e virare su De Boer. Il tecnico olandese ha clamorosamente fallito nella gestione dello spogliatoio, i risultati altalenanti hanno fatto il resto. Quando si decide di cambiare allenatore a due settimane dall'inizio del campionato le strade sono due: stagione fenomenale contro le aspettative o fallimento clamoroso. L'Inter non è stata fortunata, ma con Pioli in panchina si respira un'aria diversa. Chissà.

Scendendo pian piano la "scala gerarchica", arriviamo sul prato di San Siro, dove le note negative si accavallano come fossero una melodia fastidiosa. Gabigol, Banega, Murillo, Ansaldi. Nuovi acquisti che non hanno rispettato le attese e giocatori già presenti il cui trend è clamorosamente in discesa. Per il brasiliano il discorso è molto complesso, la giovane età è una parziale attenuante ma probabilmente il prestito in Italia sarebbe la soluzione migliore. L'inizio di Banega non è stato certamente dei migliori, ma la splendida prestazione con la Lazio ha riacceso le speranze di riaverlo come ai tempi di Siviglia. Una nota particolare per Kondogbia: il francese non sta facendo bene, fino a due settimane fa pareva già pronta la cessione e nessuno aveva fiducia in lui. Fino ad ora non ha ancora mostrato nulla del suo enorme potenziale, ma la partita contro la Lazio ha incantato parecchi addetti ai lavori. Chi vivrà vedrà e il campo darà certamente l'ultima parola.

Infine, una nota di merito alla tifoseria nerazzurra, che negli ultimi anni ha sofferto e incassato colpi ma è sempre stata lì, come confermano le quasi 44 mila presenze medie stagionali. L'ambiente interista è saturo di alti e bassi, di gioie e dolori. Si sta spargendo l'ansia per un giugno da paperoni, quasi ignorando la "mesta" stagione corrente. Attendere con lassismo l'avvento di tempi migliori è il primo passo verso la sconfitta. All'Inter serve tempo, servono idee, serve qualcuno che sappia sporcarsi le mani  e non abbia paura di mostrare personalità. Se Zhang padre e Zhang figlio dimostrano tutto ciò, i tifosi e i giocatori (come tutto l'ambiente) saranno ben lieti di aprire i battenti ad una nuova era a forti tinte nerazzurre.