L'ascesa dell'Inter si interrompe bruscamente in una notte di gala, con San Siro, finalmente, vestito a festa. La rincorsa europea - almeno quella primaria - si fa via via più difficile, inalterato il distacco dal Napoli, ma Lazio e Milan schiacciano l'Inter e rendono più incerto il finale. Traffico nelle zone nobili, senza una squadra in grado di elevarsi e far la differenza con continuità, eccezion fatta, ovviamente, per la Juventus di Max Allegri. La Champions, per l'Inter, resta al momento una suggestione, perché i limiti, oggettivi, spezzano possibili voli pindarici. 

La festa si tramuta rapidamente in amara constatazione. Le perle di Nainggolan sono di luce intensa, abbagliante. Artista e operaio, fine scultore che non disdegna la scalpellata più forte, spigolosa. Di lotta e di governo, di pennello e ricamo. Nainggolan apre e chiude, imposta e rifinisce. Triangola con Dzeko e travolge Gagliardini, prima di infilare all'angolo lungo, a giro. Il 4 che si traveste da 10, l'interditore che si tramuta in giustiziere. Corsa e staffilata, per il 2-0. Questo è quel che rimane, la classe di un giocatore in grado di frantumare la base creata da Pioli per disinnescare la Roma. Dietro, però, c'è molto altro. Una sensazione di squadra, quella che offre a più riprese la Roma, un'idea di squadra, quella che trasmette per 90 minuti l'Inter. Un confine sottile che divide al momento le due realtà, una pronta a prendersi i gradi di grande, l'altra costretta a lavorare per "pescare" un'identità chiara, sicura. 

Foto: Inter.it
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Ci sono gli episodi - da valutare il contatto Gagliardini - Nainggolan in occasione del raddoppio Roma, solare il rigore per il contatto Strootman - Eder - ma prima c'è altro. Una questione di gestione, certezze, capacità di soffrire e dettare il ritmo. La Roma, anche nel miglior momento dell'Inter, sembra poter reggere nella tempesta, tre colossi là dietro, due stantuffi a destra, due giocatori di straordinaria esperienza e qualità in mezzo, un 9 in grado di arretrare, proteggere ed aprire. Scheletro perfetto, a cui Spalletti attribuisce forma, colpendo l'Inter lì dove è scoperta. Salah, il folletto dell'Olimpico, veste altri panni, non punta in verticale, ma traccia una linea verso il centro del campo, liberando la corsia a Bruno Peres e di fatto annullando Perisic. Da un taglio dell'egiziano, si crea lo spazio anche per il missile con cui Nainggolan gela la Milano nerazzurra per il 2-0. 

Chi ha il palla, in casa Roma, sa esattamente dove si trova il compagno, si gioca a due tocchi, più soluzioni, circolazione studiata, vista e rivista, assimilata. Così si può infilare anche un pacchetto folto come quello nerazzurro, formato dai tre di difesa e da almeno altri 4 uomini. 

Foto: Inter.it
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Di contro, l'Inter è un ibrido senza capo e coda. Pioli sceglie di affrontare l'assenza di Miranda senza mutare, almeno numericamente, la retroguardia. D'Ambrosio scivola a sinistra e prende Salah, Murillo lotta con Dzeko, Medel legge e tappa le falle. Non crolla l'Inter, perché il cileno, ingenuo e maldestro solo sul rigore, è attento e freddo. Il tecnico prova ad opporre a Spalletti il suo arsenale, dentro una serie di centrocampisti, ben 4 centrali. Un 2-2, con Kondogbia e Gagliardini bassi, J.Mario e Brozovic alti. Togliere respiro ai giganti giallorossi, recuperare palla e ribaltare il campo. In fase di possesso, invece, movimento e linee di passaggio. Questa l'idea primordiale. La realtà è altro. La sfera sale lentamente da dietro, perché il portatore di palla non ha sbocchi, Candreva e Perisic devono coprire l'intera corsia, Brozovic e J.Mario non riescono a distribuirsi sulla trequarti, ne nasce così un ingorgo in cui la Roma, pur con un effettivo in meno, ha gioco facile. Gagliardini è spesso costretto a portare palla, a saltare l'uomo, a risolvere in prima persona. Difficile creare noie a una compagine solida come la Roma con questi principi. 

Non a caso, le uniche apparizioni nascono da sbavature della difesa ospite o da improvvise ondate, la qualità porta comunque l'Inter a riaprire la partita, ma per competere a un livello alto serve di più. La scritta lavori in corso è ancora in evidenza, l'operato di Pioli è ottimo, ma non è ancora un'Inter da Champions.