La prima parte del mercato estivo dell'Inter è giunta al termine nella giornata di ieri. Sembrerà strano, visto che la finestra si apre ufficialmente il 1 luglio, ma Suning e i suoi soci hanno tolto di mezzo ogni forma di intralcio. Per spiegare meglio la situazione, occorre fare un salto temporale all'indietro, esattamente ad un anno fa, quando il colosso cinese rilevava oltre il 60% delle quote azionarie della società nerazzurra dalle mani di Erick Thohir. Oltre agli onori, Suning ereditava tutta una serie di debiti finanziari, combinati con un bilancio da risanare e alcune norme Uefa da tenere in considerazione. Già in passato, a causa di alcune scelte di gestione un tantino sciagurate, l'Inter ha avuto modo di tastare la mano pesante del Financial fair-play, attraverso alcune limitazioni nella rosa in campo europeo. Le ingenti operazioni della scorsa estate (Gabigol e Joao Mario su tutti) avevano apparentemente coperto i buchi finanziari, ma ad un anno di distanza Suning ha dovuto far fronte a questi problemi. Un colosso economico di tali dimensioni non poteva lasciar nulla al caso, programmando e pianificando la gestione delle risorse economiche sin da questo inverno, per evitare di arrivare in estate con brutte sorprese. 

Detto ciò, soprattutto negli ultimi giorni, la proprietà cinese, in veste nelle figure di Sabatini & co., ha mostrato per l'ennesima volta tutta la propria forza economica e strategica. La vicenda Perisic è probabilmente lo specchio del coltello che Suning tiene dalla parte del manico. Il prezzo del croato, fino al 29 giugno, si aggirava intorno ai 50 milioni di euro. Se l'Inter avesse dovuto sacrificare qualche pezzo pregiato, tutti gli indizi ricadevano sull'ex Wolfsburg. Il Manchester United, dell'astuto Mourinho, giocava al ribasso, provando a forzare la mano dell'Inter in tempi di crisi in realtà solo apparente. I Red Devils, e probabilmente anche il tecnico portoghese, hanno sottovalutato l'abilità finanziaria di Suning, perché il motto "vendere prima di comprare" è utopistico e spesso rappresenta un limite concettuale allo sviluppo di eventuali operazioni in entrata. Dal 30 giugno, magicamente, Ivan Perisic è quasi blindato. Sabatini e i suoi collaboratori hanno fatto trasparire l'intenzione di voler trattenere il forte esterno croato (al quale peraltro è stata già offerta una cospicua proposta di rinnovo). Insomma, l'Inter non ha più bisogno di lasciar partire i suoi pezzi pregiati, e per far sì che l'ex Wolfsburg lasci Appiano Gentile ci sarà bisogno di un'offerta davvero macroscopica. 

Avendo contestualizzato la manovra finanziaria di Suning, è opportuno scendere nei meandri delle plusvalenze generate dalla vendita di calciatori "minori", ma necessari per far rifiatare le casse nerazzurre. 

Grande merito, dell'operazione "Fair Play Finanziario", va attribuito al lavoro di Sabatini e Ausilio, assieme a tutta la squadra mercato, che con grande sacrificio (e soprattutto in gran segreto) hanno sistemato i conti, chiudendo addirittura il bilancio in attivo. Il primo ad aver abbandonato la nave per motivi di budget è stato Gianluca Caprari, acquistato la scorsa estate dal Pescara. L'attaccante romano rientra nell'operazione Skriniar, all'interno della quale l'Inter ha giocato d'astuzia accontentando la Sampdoria (per quanto riguarda la valutazione esosa del difensore slovacco) ma garantendosi una plusvalenza cospicua (almeno 10 milioni) per la contropartita tecnica proposta, pompando a dovere la valutazione dell'ex funambolo degli abruzzesi. A seguire, anche Banega ha lasciato i nerazzurri, tornando a Siviglia dopo un anno soltanto, alla modica cifra di 9 milioni, tutti registrati sotto la voce plusvalenze. Di fianco all'argentino, ecco Miangue (per 3,5 milioni al Cagliari), Di Marco (per 2 milioni al Sion), Gravillon (per 1,5 milioni al Benevento) ed Eguelfi (per 1,5 milioni all'Atalanta). Sui primi tre, i nerazzurri hanno mantenuto un saggio diritto di recompra.

Alla luce di questa maxi-manovra, non può non essere citata anche l'operazione andata in porto qualche giorno fa in sinergia col Genoa di Preziosi. L'Inter aveva da tempo messo gli occhi su Pietro Pellegri, attaccante classe 2001 capace di segnare all'Olimpico nella partita d'addio di Totti. L'operazione con i liguri si è conclusa sulla base di 15 milioni (di parte fissa) più altri 15 di bonus legati al numero di presenze. Oltre al bomber in erba, i nerazzurri hanno chiuso anche per Salcedo, altra giovane promessa del vivaio rossoblu, per una cifra che si aggira intorno ai 5 milioni di parte fissa più altri 25 di bonus. Il tutto aveva fatto storcere il naso a parecchi addetti ai lavori, complice la situazione finanziaria tutt'altro che rosea in cui l'Inter sembrava navigare. In realtà, questa maxi operazione, in salsa genovese, si è rivelata una mossa magistrale di economia finanziaria, per diversi motivi. Anzitutto, i soldi spesi per questi giovani ragazzi non possono finire sotto la lente del Ffp, in quanto impiegati per membri del settore giovanile e non ancora appartenenti alla prima squadra. In questo modo Suning ha dato l'ennesima prova della sua forza economica, abbinata stavolta ad una proficua dose di sagacia finanziaria. In più, il Genoa si è impegnato a comprare uno tra Puscas, Nagatomo, Ranocchia e Biabiany, alle cifre e alle condizioni dell'Inter. 

Quest'ultima operazione rappresenta forse lo specchio delle enormi qualità di Suning e dei suoi operatori, capaci di ridare credibilità e di risanare una società importante come l'Inter, fino a ieri inquinata da sciagurate gestioni aziendali precedenti. Dal 30 luglio, l'Inter potrà rituffarsi sul mercato (e già tornano a circolare nomi importanti), tornando a competere con le grandi d'Europa in quel panorama europeo (ed internazionale) che da troppo tempo manca dalle parti di San Siro.