Sfumature

L'Inter soffre e rischia il tracollo, Icardi suona la carica. Spalletti trionfa e si gode la vetta.

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Di Johnathan Scaffardi

Tramonto nerazzurro. Icardi è ancora l'uomo copertina, calamita naturale per palla e compagni, veleno severo per gli avversari di turno. Assente, sballottato tra i colossi di casa Roma, poi decisivo, dal nulla. Addomestica e calcia, un tiro sporco, dritto per dritto, il passo di Alisson, sul lato lungo, è letale. Controtempo e pari. Qui il punto di volta, la Roma, fin lì padrona, signora del campo, cade nella trappola mentale. Il calcio è spietato, un episodio può incrinare certezze e forze. Icardi, questa volta dal manuale dell'attaccante. Controllo, e girata. Il vantaggio "gonfia" l'Inter, restituisce fiducia ed autostima. Il 3-1 di Vecino aggiunge pepe ed entusiasmo, cela le difficoltà di una squadra in divenire. La mano di Spalletti è chiara, limpida. L'inversione di tenuta è clamorosa, la squadra annaspa ma non si scioglie, cerca anzi un appiglio per rinviare il tracollo, un'ancora per risalire la corrente. Gioca l'Inter, palla a terra, un po' ovunque, rischiando talvolta la frittata, con piedi non propriamente educati, eccezion fatta per Borja Valero, prima trequartista e poi regista, uomo d'ordine. Pressione alta, non sempre con tempi corretti. Lo spirito è propositivo, recupero rapido, per creare pericoli ed alleviare il compito dei quattro dietro. 

Dai propositi al campo il passo può però non essere breve. L'Inter, dopo 10 minuti di buona fattura, concede campo, perché la Roma ha meccanismi collaudati, sfrutta il cambio di lato, intervallando il lancio ad aprire con verticalizzazioni rapide. In mediana, è scacco matto, il disavanzo notevole. De Rossi giostra di prima, conosce la posizione dei compagni a menadito. Strootman è elemento intelligente, sceglie le giuste zone in cui ricevere palla. Nainggolan un rimpianto. Spalletti osserva il belga e lo immagina nella sua Inter, collante d'impatto che manca alla rosa nerazzurra. Scodella per Dzeko - 1-0 - fa tremare il palo - il secondo legno dopo quello di Kolarov - corre a perdifiato su e giù per il campo. Una lunghezza di vantaggio al 45°, superiorità attestata dall'avvio di ripresa. Il cambio Gagliardini - J.Mario, con abbassamento di B.Valero, è inevitabile. Troppo compassato l'ex Atalanta, preda delle belve di casa. Il giropalla romano è veloce, Perotti è luce sempre più intensa. Palo interno, sontuoso. Ha un arsenale pressoché illimitato, può spingere e mettere dal fondo il cross, rientrare e calciare, rebus per un D'Ambrosio costretto all'uno contro uno da un Candreva ancora troppo fumoso e impreciso. 

Nell'archivio giallorosso, anche un rigore - contatto netto Skriniar - Perotti - non assegnato. Fino al sigillo di Icardi, lì, come detto, un'altra partita. Non un calo fisico quello della Roma, lo sottolinea il ritorno finale, una scossa nervosa negativa, l'assimilazione complessa di uno nota sbiadita, di uno scherzo della malasorte. La vittoria può incidere pesantemente sulla stagione dell'Inter, perché Spalletti va alla pausa con un bottino completo di punti, dopo una trasferta ostica. Può lavorare - l'inserimento di Dalbert e Cancelo è fondamentale per dare maggiore imprevedibilità alla manovra offensiva - senza l'assillo di classifica e risultati, può costruire la sua tela. Dalla testa ai movimenti, da un'idea a una tangibile evoluzione. Senza un ricco mercato, ma con una consapevolezza nuova.