La Juventus non ha mezze misure. Nove partite disputate, sette vittorie, zero pareggi e due sconfitte. Le due cadute sono legate tra di loro, il luogo del misfatto è sempre lo stesso: San Siro. Prima l'Inter, ora il Milan. I bianconeri sembrano avere la memoria corta, non rielaborano gli errori commessi contro la squadra di Frank De Boer e si suicidano nuovamente nelle non-certezze che il sistema di gioco allegriano offre. 

Nessun alibi. Troppi rimpianti. Al fischio d'inizio di Rizzoli, è una Juventus arrembante, combattiva e che attiva spesso il pressing alto per mettere in difficoltà la retroguardia rossonera, non proprio limpida nelle uscite palle al piede. Pjanic e Dybala, a turno, disturbano spesso il giovane Locatelli, inducendolo a liberarsi male della sfera e lasciare campo aperto ai contropiedi zebrati. La circolazione abbastanza fluida da un versante all'altro, da Dani Alves ad Alex Sandro, sembra far ben sperare per lo sviluppo della gara. Non è così. I bianconeri si arenano nel proprio schema rigido, senza movimenti congeniali, il Milan copre bene gli spazi, Higuain non tocca palla e Alves accentra troppo spesso la sua posizione, facendo sclerare in più circostanze Allegri. 

L'uscita dal campo di Paulo Dybala per una fitta alla coscia sinistra regala l'opportunità al match-winner di Lione, Juan Cuadrado. Il colombiano allarga il proprio raggio d'azione alle spalle del Pipita, schierandosi seconda punta proprio come ai tempi di Firenze, con Vincenzo Montella in panchina. Effervescente il numero 7, guizza da una parte all'altra e guadagna la punizione da cui scaturisce lo 0-1. La punizione di Miralem Pjanic, non toccata da nessuno, sorprende Donnarumma e si infila in rete: rete convalidata. Le vibranti proteste rossonere convincono il corpo arbitrale ad annullare il tutto, 2' dopo, tra l'incredulità generale dei giocatori juventini. 

Il goal di Pjanic, poi annullato | Foto: goal.com
Il goal di Pjanic, poi annullato | Foto: goal.com

Le recriminazioni, giuste, non spengono le fiammate in avanti della truppa di Massimiliano Allegri. Ma sono fiammate sterili, con conclusioni spesso dalla distanza che inquadrano soltanto il terzo anello dello stadio. Sale sempre di più, il disamore verso il gioco corale, non si prova a dialogare ma ognuno cerca gloria per sè. Dani Alves, in questo senso, è l'emblema del disastro, in termini di organizzazione di gioco, della Juventus. Il goal di Manuel Locatelli punisce. Scaraventando momentaneamente i bianconeri all'Inferno e il Diavolo in Paradiso. 

Si doveva cambiare registro dall'altra sfida di San Siro, contro l'Inter: non è stato fatto. Bisogna necessariamente farlo adesso, senza Dybala, e con il rientro imminente di Claudio Marchisio. Trovare la quadratura del cerchio, l'abito ideale per vestire la Juventus è il compito di Allegri. Non è possibile andare avanti per inerzia, soprattutto sul suolo internazionale. Il giorno di riposo concesso in data odierna, ricaricherà le teste di tutto il gruppo per ripartire con convinzione dai propri errori.