San Siro rossonero rimarrà ancora un tabù da sfatare per i biancocelesti, che non vincono in casa del Milan dal lontanissimo 1989. Bacca e Niang ridimensionano le certezze conquistate dalla truppa di Inzaghi nelle prime quattro giornate di campionato. La Lazio si presenta a San Siro ancora con il 3-5-2, Inzaghi manda in campo Djordjevic al fianco di Immobile e preferisce Basta a Felipe Anderson: scelte conservative che non hanno premiato una Lazio beffata sì dagli episodi, ma che non è riuscita a concretizzare il maggior possesso palla, sopratutto durante il primo tempo.

Se il 3-5-2 garantisce alla Lazio più densità a centrocampo, più solidità difensiva, reprime l’imprevedibilità di alcuni singoli importanti. Perché sia Keita che Felipe Anderson, i giocatori con più qualità della rosa laziale, non sono adatti a questo assetto tattico: è chiaro. Felipe Anderson che fa le diagonali difensive e Keita che si allarga sulla fascia sinistra per trovare lo spunto sulla fascia, sono due indizi che fanno una prova: il 3-5-2 sta stretto alle due frecce biancocelesti. Qui il punto: costruire una squadra sugli avversari di giornata, oppure bisogna - in primis - adattarsi cercando di far esprimere al meglio i propri pezzi pregiati? Deve essere l'allenatore a mettere nelle condizioni migliori i propri giocatori oppure vince l'idea e a questa i singoli (Keita e Felipe Anderson) si devono adattare necessariamente?

Domanda a cui ha dovuto rispondere anche Vincenzo Montella per quanto riguarda Carlos Bacca. Il giocatore colombiano non è l’attaccante ideale per l’allenatore milanista: è poco incline a partecipare all’azione, è un uomo che vive nell’area di rigore e si ciba di soli gol. Ma Montella non può rinunciare a Bacca: trovare l’equilibrio, in questi casi, giova ad entrambe le parti. Ora Inzaghi si deve chiedere questo: come trovare l’equilibrio? Continuare col 3-5-2 o riprendere l’abito su misura per questa Lazio, ossia il 4-3-3? Continuare ad adattare a tornante Felipe Anderson? Continuare ad utilizzare col contagocce Keita, in posizione non sua? Rinunciare all'imprevedibilità, a giocatori che possono fare la differenza: questo sta facendo Inzaghi.

Dopo le scelte di ieri, sorgono spontanee queste domande. Perchè la Lazio non esalta i suoi giocatori migliori e continua a cambiare modulo. Ad una squadra serve anche una dimensione sua propria. Essere camaleontici significa non avere un’identità. Interpretazione ed atteggiamento - concetti molto cari ad Inzaghi - hanno un senso maggiore se alle spalle hanno un meccanismo ben oliato, non definito di partita in partita. Inzaghi ha dimostrato contro Pescara e Milan che nella sua idea di Lazio Felipe Anderson e Keita non sono indispensabili. O meglio, sono che loro si devono adattare alle scelte dell'allenatore e rendersi indispensabili. E' in questo che Inzaghi non ha ancora trovato l'equilibrio. Felipe Anderson - Immobile - Keita sembrerebbe il tridente perfetto per questa squadra: quando lo si vedrà in campo dal primo minuto? Forse col rientro di Biglia, chi lo sa. Anche Immobile troverebbe compagni di reparto più adatti ad Djordjevic impalpabile. Una cosa è certa, però: col 3-5-2 non c'è spazio per le naturali propensioni di Felipe Aderson e di Keita. Talenti ingabbiati dalla tattica.