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Brocchi a cuore aperto: "La squadra, Berlusconi e il mio futuro. Vi dico tutto"

Cristian Brocchi racconta i suoi primi difficili giorni da allenatore del Milan e ci tiene a fare alcune precisazioni.

Brocchi a cuore aperto: "La squadra, Berlusconi e il mio futuro. Vi dico tutto"
Cristian Brocchi, it.eurosport.com
franas
Di Francesco Nasato

Non è dato sapere per davvero come Cristian Brocchi si aspettasse il suo primo mese sulla panchina del Milan. Sicuramente non è stato un periodo facile, tra le voci mai sopite sul suo successore, una squadra che in parte gli remerebbe contro e i risultati che faticano ad arrivare, con il campionato chiuso al settimo posto e fuori dall'Europa.

L'ultima occasione arriva con la finale di Coppa Italia lì dove servirà una squadra tutta unita. In una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport Brocchi parla così del suo gruppo: "Se qualcuno mi gioca contro? No, se avessi questa sensazione interverrei. Io credo che i giocatori vadano valutati su quattro componenti: tattica, tecnica, fisica, mentale. E il rendimento è alto se le quattro componenti sono più o meno in equilibrio. Io sono qui anche per far capire ai giocatori cosa significhi essere al Milan." Per qualcuno lui non è da Milan, ma a Brocchi non interessa più di tanto: "Se anche dovessi vincere, dopo l’euforia iniziale sentirei le solite cose: ‘Non è all’altezza, eccetera’. Non penso al dopo-finale. In ogni caso di quest’esperienza mi resterà la consapevolezza di essere un allenatore. Sono convinto che il lavoro che propongo, se fatto nei tempi giusti, può portare dei risultati. E dopo i primi 35 giorni da allenatore del Milan mi sento ancora più forte caratterialmente."

Silvio Berlusconi, presidente del Milan, italiacalcio.it
Silvio Berlusconi, presidente del Milan, italiacalcio.it

La parte più lunga di questa chiacchierata è riservata al suo rapporto con Silvio Berlusconi di cui tanto si è scritto e detto:  "Nella cena di Arcore il presidente mi ha chiesto di riportare la squadra ai concetti di gioco con i quali il Milan era diventato grande. Mi ha chiesto di ridare una mentalità milanista. Vorrei parlare con tutti: dal magazziniere all’ultimo dei giardinieri. Ma in 40 giorni come faccio? Ho dovuto quindi concentrarmi sulle cose più urgenti, pur senza entrare a gamba tesa. Da due anni e mezzo il Milan gioca in difesa e riparte: bisognava cambiare, possibilmente in fretta. Non sono pazzo, sprovveduto, presuntuoso. Se mi avessero chiesto di fare più punti possibile, avrei operato diversamente." Nessun passo indietro, comunque, sulla scelta di accettare la panchina: "Se mi sono pentito di aver accettato? Assolutamente no. Nessuno pensa di non essere all’altezza, soprattutto se è una persona intelligente, che lavora, che ha passione e rispetta chi da vent’anni lo fa vivere bene. Io ho sputato sangue per questa maglia e continuo a farlo. Mi sono preso del lecchino, dell’incompetente e ogni altro insulto. Ma il presidente non mi ha mai detto di far giocare questo o quello."

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About the author
Francesco Nasato
24 anni, giornalista pubblicista, allievo della scuola di giornalismo dell'Universitá IULM, laureato alla Cattolica di Milano in Linguaggi dei Media. Editor di Vavel Italia, scrivo di calcio e Milan sul web e la carta stampata da quando ho 18 anni