Dopo aver scritto fiumi di parole riguardo l'inserimento lento e graduale dei vari Rog, Maksimovic e Diawara, in casa Napoli sembra esser scoppiato l'ennesimo caso, che tuttavia stavolta rema in direzione opposta. In questa occasione, tuttavia, le necessità di inserire immediatamente nel contesto di squadra il nuovo acquisto Leonardo Pavoletti hanno costretto Sarri a bruciare le tappe, esponendosi dopo tre spezzoni di gara (contro Spezia, Fiorentina e Palermo), come è nell'ordine naturale delle cose, alle critiche per un paio di prestazioni tutt'altro che positive del centravanti livornese. Alle spalle di queste critiche, decisamente premature, uno svariato ventaglio di situazioni, che evidentemente non sono ancora state prese in considerazione dai più. Andiamo ad analizzarle. 

Questione di fisico - In primis, ed è tutt'altro che una semplice e banale scusa, l'attaccante livornese è ancora in fase di rodaggio, fisico, per quel che riguarda il suo pieno recupero. Più volte Maurizio Sarri, intervenuto a riguardo in conferenza stampa, ha sottolineato la lenta ripresa della forma del mastodontico centravanti toscano, la cui condizione atletica non è facile da recuperare come potrebbe esserlo per un attaccante minuto, quale Insigne o Mertens, ma è decisamente argomento da trattare con diverse pinze. La sua mole, il suo fisico, necessita obbligatoriamente di un periodo di graduale inserimento all'interno delle partite, all'interno del quale ritrovare forze e soprattutto ritmo partita. 

Questione mentale - Cosa c'entra in questo discorso l'aspetto psicologico? Praticamente tutto. Il sentirsi un corpo, momentaneamente, estraneo al resto, non agevola affatto il compito dell'attaccante livornese, costretto in parte ad accantonare le sue caratteristiche, i suoi istinti, con il pensiero e la mente rivolti ai dettami tattici e tecnici della squadra. Il graduale e fisiologico periodo di inserimento in questi ultimi passa, inevitabilmente, anche da questo passo fondamentale, che ottunde la mente annebbiandola, facendo prevalere la sfera razionale su quella istintiva, che tra le altre cose è quella che ha permesso a Pavoletti di diventare il rapace che è oggi. Dettagli? Tutt'altro. 

Arkadiusz Milik, a sinistra, e Leonardo Pavoletti - Foto Ssc Napoli
Arkadiusz Milik, a sinistra, e Leonardo Pavoletti - Foto Ssc Napoli

Questione tattica - Se fosse stato ancora al Genoa, sicuramente Pavoletti avrebbe fatto meno fatica in quel breve lasso di tempo concessogli da Sarri, come ha inoltre già ampiamente dimostrato contro il Milan a Marassi, quando in mezz'ora mise a soqquadro la difesa rossonera, portando i rossoblù alla vittoria. Va inserito, in questa situazione di precarietà fisica, anche il discorso mai banale degli schemi sarriani, quasi mai comprensibili ad un calciatore che alle prime armi si imbatte in tagli, movimenti incontro alla palla, far salire la squadra e dialogarci assieme. Insomma, niente è frutto del caso, altresì è prodotto di giorni e giorni di allenamento, di sedute spese a trovare feeling con compagni e con il sistema di gioco del Napoli (lo stesso motivo per il quale i tre calciatori sopra citati ci hanno messo un mese e più). 

Questione di feeling - Inoltre, qualora non bastasse, l'inserimento di Pavoletti all'interno di un modus operandi, quello azzurro, che fin qui ha vissuto con Higuain e Milik, oltre a giocare con le tre punte di movimento, è diametralmente opposto a quello usuale di gioco del centravanti ex Sassuolo e Genoa, motivo per il quale il discorso fatto sull'inserimento va necessariamente implementandosi esponenzialmente. L'unica riserva sulla quale si potrebbe obiettare è quella che, un attaccante d'area con le sue caratteristiche, il Napoli di Sarri non lo ha mai avuto a disposizione e, quindi, potrebbe rappresentare un corpo estraneo difficile da mettere in condizione di far bene il suo mestiere, ovvero segnare. 

Di contro, tuttavia, i numeri e le statistiche sono sempre state, in tal senso, dalla parte di Maurizio Sarri, abile stratega che, in condizioni di sole, vento o pioggia, è praticamente sempre riuscito ad ottimizzare il potenziale offensivo a sua disposizione. Semplicemente, come cantavano Mina e Riccardo Cocciante, è una questione di feeling: staremo a vedere se il matrimonio tra Pavolé ed il Napoli fiorirà. Qualcuno, sulla panchina dei partenopei, è già pronto a metterci la mano sul fuoco.