Sbaglia chi afferma che l'Italia è una nazione di vecchi. Sbaglia chi sostiene che in Italia non si punta sui giovani. Tutte falsità, perchè nella Napoli pallonara c'è un ragazzo diciannovenne al centro del progetto tecnico di Sarri. È Amadou Diawara, centrocampista guineano acquistato quest'estate dal Bologna per 13 milioni e mezzo di euro, più uno e mezzo di bonus, cifra spesa dal presidente Aurelio De Laurentis per accaparrarsi le prestazioni sportive di un playmaker giovane, futuribile e che rientra pienamente negli attuali standard societari. 

Giunto in punta di piedi all'ombra del Vesuvio, Diawara ha impiegato poche settimane per entrare in sintonia con i dettami tattici del mister, sempre lì sul pezzo pronto ad apprendere qualsiasi cosa uscisse dalla bocca del tecnico e dei suoi collaboratori. Ragazzo tanto serio quanto sveglio, ha saputo attendere il suo momento, giunto il 26 Ottobre scorso nel match di Champions League giocato al San Paolo contro il Besiktas: il giorno del suo debutto, poco più di 20' minuti sul rettangolo verde, giusto il tempo di esibire parte del suo svariato repertorio, giusto in tempo per guadagnare i primi consensi tra la folla di Fuorigrotta e dimostrare a tutti che lui in panca ci resterà, ancora per poco.

Un regista perfetto del calcio moderno, piedi vellutati e buona visione di gioco. La velocità di pensiero è un'altra sua dote, uno dei cavalli di battaglia del giovane centrocampista nativo di Conakry. La sua sfrontatezza, l'essere leggiadro in campo e contemporaneamente scaltro e versatile, gli hanno permesso di scalare le gerarchie e porsi dinnanzi ad Allan e Jorginho, non gente qualunque, bensì due titolari, inamovibili, del Napoli sarriano 2015/2016. Le più che soddisfacenti prestazioni contro la Lazio, la Juventus, il Milan, il Bologna e per concludere il cerchio, la brillante esibizione nel "teatro dei sogni" del Santiago Bernabeu, hanno permesso alla mediana azzurra di diventare regno incontrastato di Diawara, la sua fissa dimora. Scaltrezza a gogò, il piccoletto classe 1997 ha già ben capito, chiaro e coinciso in mente, il concetto di "scugnizzeria", divulgandolo su e giù per lo Stivale con i colori del Napoli cuciti sulla sua pelle. Colori del Napoli che fanno da sfondo al 42, numero di maglia scelto dal guineano poichè amuleto di Yaya Tourè, suo pupillo e modello dal quale studiarne movenze e trucchi del mestiere.

Superata la boa di metà stagione, gli aggettivi per descrivere i primi mesi da napoletano di Diawara sono innumerevoli, e tutti impiantati su elementi di positività. Il baby centrocampista non ha nessuna intenzione di arrestare la sua ascesa, pochi fronzoli ed infinita voglia di apprendere contraddistinguono l'io forte su cui costruire una lucente, mirabolante carriera, giunta appena agli albori ma già di assoluto spessore. La sua profonda audacia, la sua spavalderia, hanno spinto molti addetti ai lavori a paragonarlo a Claude Makèlèlè, ma questo non è ancora il tempo dei voli pindarici, c'è una giovinezza da vivere, tutta d'un fiato con in dosso la casacca del Napoli, città pronta ad adottare e consacrare il ragazzo proveniente dall'Africa.