Come sempre, quando si cade, il coraggio vero lo dimostra chi si alza subito. Non è una complicata metafora della vita, non un'allusione al rigore stavolta evidente e non dato a Dzeko (in foto), non una morale di grande spessore. E' il leit motiv, semplice ed essenziale, che accompagna (deve, dovrebbe) i giocatori della Roma dal loro rientro dal Franchi a casa, da casa al Bernardini di Trigoria (sessioni ieri e oggi, conferenza di Spalletti, poi preparazione tattica per la sfida di domani sera contro il Crotone in casa). Si perché quando la Roma uscì con merito dalla Champions, lo scorso anno s'intende, contro il Real, fu proprio Spalletti a lanciare questo monito. "Se ci culliamo sul fatto che abbiamo perso con onore, o comunque giocando bene, diamo alibi alla squadra. Siamo fuori, dobbiamo ripartire".  In buona sostanza si può applicare anche al dopo Fiorentina-Roma questa avvertenza. La Roma prova a sfidare i suoi difetti, prova a tenere il pallino del gioco. Non sfrutta, non incide, poi prova anche a farlo. Dal palo di Nainggolan nasce un gol irregolare. E nel corso della gara ci poteva stare anche un penalty. Insomma se due più due fa ancora quattro la Roma ha perso e non lo meritava, quindi tutto apposto.

No. 

E' qui che si gioca la partita tra la grande squadra e il club di provincia con ambizioni crescenti ma non pretenziose. Il rigore, il gol, le critiche ci stanno. Segnalare anche con la giusta asprezza errori che un arbitro dovrebbe limitare è sinonimo di giusto affetto ai destini della squadra. Ma non può essere un discorso esclusivo. Ripartire presuppone individuare quelle mancanze, anche grandi, di cinismo, di cattiveria, di attenzione tattica. 

Con anche qualche note di merito, sempre "per ripartire": il solo fatto di avere ritrovato un idea di calcio e il dover adesso trovare qualcosa per renderla visibile suona bene, suona positivo. Il nome proprio di questa idea, oggi, si chiama "Crotone". Senza appelli.