Se sei argentino, giochi nel Boca e abiti nei dintorni di Buenos Aires, rischi di cadere nel più grande tranello della storia del fùtbol sudamericano. Rischi di innamorarti di te stesso, della tua tecnica, del tuo tocco di palla, del tuo numero 'diez de cuero blanco' ricamato su di una maglia sgualcita. Ma se sei argentino, nasci a San Justo, ed esordisci con gli xeneizes davanti al più grande di tutti, forse sei ancora in tempo per rompere l'incantesimo.

Leandro Paredes è un ragazzo pulito, delicato, all'apparenza fragile. E' un classe 1994, ma sembra che giochi a pallone da una vita, la strada o la 'Bombonera' fa poca differenza. Il talento, si dice, trova sempre un modo per venire a galla, con le buone o con le cattive, non è possibile imprigionarlo. Leandro Paredes, probabilmente, non sarà un assiduo frequentatore di teatri d'opera, ma il modo in cui colpisce il pallone ricorda vagamente un accenno di 'arabesque'.

Per i meno ferrati, l'arabesque è una delle figure di base del balletto, nella quale tutto il peso del corpo viene supportato da una sola gamba, mentre l'altra, con il ginocchio esteso, è allungata "en arierre" per l'appunto. Non siamo sicuri che Leandro Paredes sia a conoscenza delle sue doti artistiche, quel che è certo è che il ragazzo mostra l'eleganza, il portamento e la coordinazione di un ballerino del Bolschoi. 'Contare i passi' per calciare è un'espressione tecnica fin troppo abusata, nel momento in cui il terzino di turno indovina il tiro della domenica. Siamo convinti che Leandro Paredes abbia in testa le misure del suo personale palcoscenico, dove predica musica danzando sulle punte di gesso. Aplomb da fare invidia al maestro Jury Chechi, controllo di ogni muscolo del proprio corpo e coordinazione completa nel movimento costituiscono i tratti basilari di un talento dal sicuro avvenire. D'altronde, con quel piede destro così incantevole non si possono che disegnare traiettorie magiche, quasi fosse una sorta di nastro da ginnastica ritmica.

Leandro Paredes è un ragazzo equilibrato, bello da vedere quanto efficace nel cosiddetto lavoro sporco, mai così pulito quando la sfera transita fra i suoi piedi. Stop e appoggio, controllo e passaggio, uno-due tocchi al massimo, tempi di gioco scanditi col metronomo e qualità in abbondanza. Leandro Paredes è gestione dei ritmi, Leandro Paredes è tecnica allo stato più puro e cristallino. Leandro Paredes è una creatura in estinzione, a metà tra il 10 e l'8. Leandro Paredes ha l'arte negli scarpini e le doti da menestrello, o cantore medievale di versi cortesi, se preferite.

L'estetismo è un movimento poetico-artistico-letterario, sviluppatosi a partire dalla seconda metà del diciannovesimo secolo, come tendenza esasperante e autonoma del Decadentismo. Per gli esponenti dell'estetismo, il culto della forma e dell'apparenza prevale sulla virtù e sulla moralità. La ricerca del bello e del perfetto diventa ossessione, verità e concretizzazione della vita stessa. Nessuno può assicurarci che Leandro Paredes legga Oscar Wilde, Gabriele d'Annunzio o John Ruskin, ma il suo è un culto della bellezza maturato implicitamente, genuino e senza isterie, nel più classico e intrigante tra i giovanotti di belle speranze.

Nato come trequartista, la sua carriera sarà destinata a rifiorire qualche metro più in dietro, dove si incrociano le linee e tutto diventa più affollato. Leandro Paredes ama mettere ordine, controllare un pallone sporco con l'esterno del piede e aprire il gioco in orizzontale. Il ragazzo di San Justo ha le proporzioni (corporee e tecniche) per dettare i tempi della manovra, nonostante passi la metà del suo tempo a sferzare il campo con i suoi magistrali cambi di gioco. Uno con la sua qualità sarebbe titolare in parecchie squadre del nostro campionato, ma a Roma è in panchina, perché la bellezza va preservata nella sua totalità.

Leandro Daniel Paredes è un artista, non l'imbianchino al quale affiderei la tinteggiatura delle mie pareti, piuttosto gli proporrei di ritrarre mia moglie, come solo lui sa fare, col pennello tra i piedi. Non ci penserei due volte a dare questo incarico ad uno che fa gol così.