Una delle squadre che potrebbe aver più beneficiato di questa sosta per le nazionali è la Sampdoria di Marco Giampaolo. Sette punti in sette partite di campionato, quattro sconfitte e un pari nelle ultime cinque. Il momento non è di certo dei più semplici, ma questi giorni di lavoro potrebbero portare ad un inversione di rotta.

Nel frattempo per il tecnico è arrivato il sostegno della società attraverso il presidente Massimo Ferrero. Una cena che Giampaolo spiega così a Repubblica: "Penso che il presidente abbia voluto lanciare un messaggio istituzionale, dare un atto di presenza. Io ci sono, la società c'è, è partecipe, ma anche vigile. Dopo quattro sconfitte lo comprendo e lo accetto. Sono abituato a mettermi nei panni degli altri, capisco le situazioni, le dinamiche, gli equilibri, in quelli della società forse avrei fatto lo stesso. Recepisco l'atto. Ma vado avanti, senza cadere nel dibattito pubblico. Tanto alla fine a giudicarmi sono i risultati."  Per tornare a fare punti, comunque, l'allenatore della Samp non ha intenzione di snaturarsi: "Dicono che sono un talebano, preferirei il termine coerente. Se cambiassi, mi snaturerei e perderei credibilità con la squadra, oltre a togliere convinzione su ciò che stiamo facendo. Non posso permettermelo."

Marco Giampaolo, tuttosport.com
Marco Giampaolo, tuttosport.com

Certo però la classifica non è bella da vedere: "Se la società pretendesse un'altra cosa non mi avrebbe scelto. Per me sintonia e fiducia sono sinonimi, lasciando a me la totale responsabilità della conduzione tecnica. Abbiamo preso quattro gare, ma credo vadano analizzate nelle singole situazioni. I soli sette punti? Non ci stanno, ma è anche colpa nostra: una gestione sbagliata di certi momenti della gara, figlia di poca esperienza in alcuni elementi. Ma se si lavora sui giovani, e noi ne abbiamo tanti e bravi, bisogna tenerla in conto, sennò c'è incoerenza." Castan non è proprio un ragazzino e anche per questo la sua presenza a Bogliasco è stata breve: "Ottimo giocatore, ma nel mio modo di pensare difensivo era indietro. Era venuto per giocare, ma non glielo potevo garantire: gliel'ho detto e ho lasciato a lui la scelta. A 30 anni non potevo smontarlo e rimontarlo come sto facendo con Dodô, che sta crescendo."

Ultimo pensiero su Cassano, situazione complicata quella legata al barese: "Irreprensibile sino a quando l'ho allenato, è intelligentissimo e capisce molto di calcio, può diventare un grandissimo allenatore. Averlo in gruppo non mi avrebbe dato fastidio, qualcuno prima di arrivare mi diceva: liberati di questi, ti creeranno problemi. Non faccio nomi, ma sono i migliori. Credo molto nei rapporti senza pregressi, vale anche per Cassano: con me si riparte da zero. Detto questo, la vicenda Cassano è una scelta figlia di una politica societaria e io faccio l'allenatore."