Sicuramente una splendida coreografia, ma il Torino è finito lì. Meglio, potremmo dire che lo spirito granata è finito lì, mostrato con il classico orgoglio dai tifosi, sventolato con i loro cartoncini sulla curva ma non corrisposto, in campo, dai calciatori. È questa forse la sentenza più ardua che il popolo torinista deve accettare il giorno dopo la 25esima giornata di Serie A, quella che ha visto la Juventus imporsi per l'ennesima volta nello stadio dei loro cittadini, ma che soprattutto ha visto la Vecchia Signora farlo senza mai dare l'impressione di star realmente battagliando, nonostante una grandissima emergenza-infortuni vigente, senza mai concedere una vera palla gol, dando una sensazione di controllo impressionante sul match anche senza chiuderlo definitivamente, facendosi bastare la rete di Alex Sandro.

Quell'azione, nata da un errore di Ansaldi, reo di essersi lasciato soffiare il pallone sulla trequarti con troppa leggerezza e conclusa dal brasiliano senza troppi problemi dopo una splendida giocata di Bernardeschi. Sono state le qualità dei singoli dunque, ancora una volta, a tracciare realmente il solco con i bianconeri; c'è da dirlo, un solco meno ampio di quanto forse è sulla carta. Dal punto di vista tattico, l'ha detto anche Mazzarri nel post-gara, il Toro è stato inattaccabile: un singolo difetto è bastato a farsi soffiare la possibilità di fare punti; tuttavia, dopo, è mancata una reazione, sia nell'immediato sia nel lungo periodo della partita, contro un avversario in piena emergenza e con pochi riferimenti offensivi e, di conseguenza, poca lucidità.

La realtà è che probabilmente i padroni di casa hanno esagerato nel rispettare le qualità del proprio avversario, sfociando in una paura che nelle ultime stagioni non avevano mai mostrato nei vari derby della Mole. È mancata un po' di sfrontatezza, nello schema iniziale con un terzino in posizione da ala almeno tanto quanto, poi, nell'alzare i ritmi ed il baricentro anche al costo di lasciare qualche spazio in ripartenza. Una scelta accettabile, certo, ma che ha finito per limitare psicologicamente la squadra anche nel momento in cui lo schieramento, in particolare nel finale, si è tramutato in un 4-2-3-1 a trazione estremamente anteriore, col difetto di una manovra lenta e prevedibile, divorata dai campioni d'Italia senza alcun patema.

Il percorso di crescita del Torino, comunque, prosegue: bisognerà tornare immediatamente a vincere al Bentegodi contro l'Hellas Verona per evitare ulteriori ripercussioni psicologiche dopo questa pesante sconfitta, quasi più per l'ambiente che per la squadra, anche nell'ottica della speranza, ormai minima, di rilanciare le proprie quotazioni per l'arrivo finale in zona Europa League. Serviranno dei granata disciplinati tatticamente, certo, ma servirà anche un minimo di proposta offensiva in più, non solo quantitavimente ma anche qualitativamente, per tornare ad essere il Toro che tutti noi conosciamo: una squadra prima di tutto con un'identità ed un senso d'appartenenza forte che con degli schemi ben applicati.