È stato uno dei giocatori più rappresentativi della storia dell'Udinese, tanto che il suo arrivo suscitò lo scalpore di tutta la stampa, nazionale e non. Artur Antunes Coimbra, detto Zico, è stato uno dei giocatori più forti della storia, soprannominato "Pelè bianco" in patria, e ha legato due anni della sua carriera ai colori bianconeri, rifiutando offerte molto più importanti. Purtroppo quell'Udinese non arrivò nemmeno in Europa, a causa di troppi eventi sfortunati, ma i ricordi delle giocate del Galinho sono ancora bene impresse nella memoria di tutti i friulani, tanto che ad oggi si discute se il giocatore bianconero più forte di sempre sia stato lui o Totò Di Natale.

Innanzitutto Zico apre la conferenza ringranzando per l'invito e parlando di Udine in generale: "E' sempre un piacere tornare qui a Udine. Ringrazio tutti per l'invito. Per me è una felicità tornare qui e rivivere i due anni trascorsi qui a Udine. Mi dissero che Udine non era una città calda e passionale, ma ho scoperto che era vero il contrario. Sono davvero felice di questo mio ritorno qui. Ho sempre seguito l'Udinese da lontano: lei è una delle mie tre squadre, insieme al Flamengo e ai Kashima Antlers. La mia famiglia anche qui si è trovata benissimo. Sono contento che la squadra sia sempre in continua crescita, e che abbia una struttura bellissima per diventare un grande club e una grande squadra".


L'ex Flamengo ricorda poi il momento più emozionante della sua avventura friulana:
"E' stato il momento in cui sono stato presentato in piazza. Non mi aspettavo tutte quelle persone a vedere me. Vedere quella scena mi ha dato entusiasmo e ha aumentato le mie responsabilità"

Mazza costruì quell'Udinese puntando in altissimo e portando tanti giocatori di livello assoluto da affiancare al fuoriclasse brasiliano. Addirittura si vociferava la parola "scudetto", ma alla fine le cose non andarono come sperato:
"Scudetto? Sono arrivato convinto di poter fare bene. Io ho sempre giocato per vincere. Sapevo di arrivare in una squadra che non era tra le più conosciute al mondo, ma avevo ambizione di fare molto bene. Battemmo il Real in amichevole e in spogliatoio si scherzava sulla possibilità di vincere lo scudetto. Ricordo che io dissi che tutti devono giocare per provare a vincere lo scudetto. Non era facile cambiare questa mentalità. Cosa mancò? Ci furono problemi nel girone di ritorno, condizionati anche da quella famosa amichevole di Brescia, che forse non andava fatta, dove ebbi un infortunio determinante in negativo. La squadra soffrì la mia assenza, a cui si sommò la rottura tra Dal Cin e Mazza. Il club non aveva ancora la struttura adatta per mirare in alto, come ha invece adesso. Era un'epoca diversa, ma penso che comunque abbiamo fatto bene. Ci giocammo il posto in UEFA fino in fondo. Prima le rose erano meno ampie e meno attrezzate per sopperire alle assenze. Non si vince lo scudetto solo in campo, ma anche fuori".


Nonostante tutto ogni volta che Zico rientra ad Udine viene accolto come se avesse vinto trofei e coppe:
"La storia del calcio non parla solo dei vincitori. La cosa importante è il rispetto. Io ho ottimi ricordi e sono contento per questo. Se non ho potuto dare di più è per altre condizioni, ma ho sempre lottato per dare il mio meglio fino alla fine, e la gente questo lo ha sempre capito. Credo che dove sono andato, ho sempre lasciato un buon ricordo dovuto al massimo rispetto che ho sempre avuto per le piazze in cui sono stato".


Roberto Baggio, altro fuoriclasse, compie nello stesso giorno 50 anni. Zico coglie l'occasione per fargli gli auguri:
"Gli faccio gli auguri e gli auguro sempre una buona salute. Sono un suo grande fan. Mi ha divertito molto quando io ero qui per i Mondiali '90. Lui fece un Mondiale eccezionale, ma l'Italia è arrivata dove è arrivata praticamente solo grazie a lui, come anche nel '94. E' stato bello poterlo incontrare, perché mi dicevano che veniva qui a vedere i miei allenamenti, ed è diventato meglio del maestro, come si dice. L'ho invitato spesso per giocare le mie partite delle stelle che faccio ogni anno. Lui purtroppo non gioca più. Lui per me è uno dei migliori della storia del calcio italiano".


Il Galinho dà il suo giudizio sulla tanto bistrattata Serie A, con un occhio di riguardo ovviamente per l'Udinese:
"Ho seguito l'Udinese anche recentemente, per esempio le partite contro Roma e Inter, dove ha sbagliato un po' troppi gol. Il livello generale del calcio italiano è calato un poco. La Juve ultimamente ha fatto bene. Poteva anche vincere la Champions' contro il Barcellona, che però in quel periodo era troppo in forma. Credo che oggi il calcio italiano perde un po' con l'assenza dei grandi campioni, che vanno in altri campionati. Ora il calcio italiano è terzo/quarto in Europa, perché non ci sono squadre all'altezza della Juventus ultimamente. Credo che sia un momento, dovuto anche a problemi esterni, investimenti non adeguati, società vendute, ma l'Italia è sempre l'Italia. Il carattere dei giocatori è sempre alto".


Sugli spalti nei match casalinghi insieme allo stendardo di Di Natale c'è quello di Zico, ma i due si sono incrociati di rado:
"Magari riuscirò a incontrarlo. Mi è successo a Roma, qualche anno fa. C'era anche Amoroso. Ho detto già una volta: Totò per me è il migliore della storia dell'Udinese. Lo dicono i numeri. Meritava uno scudetto qui con l'Udinese".


Molti dicono che Neymar sia l'erede del Galinho, ma l'interessato non è molto d'accordo:
"Erede no. Per me è tra i migliori al mondo, ma credo che nel calcio non vadano fatti paragoni. Ognuno ha la sua storia e la sua qualità. Calcio cambiato? Sì, devo dire di si. Prima c'era la tecnica, ora la tattica. Prima si pensava a segnare, ora a non subire gol. E' cambiata la mentalità".


Ora c'è da pensare alla famiglia, qualcuno chiede uno dei suoi figli per la primavera dell'Udinese:
"Magari il più vecchio (ha 8 anni, ride, ndr) può essere opzionabile. Vedremo cosa vorranno fare da grandi, e se magari saranno più fortunati dei miei figli, che hanno provato a giocare a calcio, sotto il peso del mio nome, che spesso porta a fare ragionamenti sbagliati, del tipo "Se gioca è perché è figlio di Zico". Questo non mi è mai piaciuto e li ha fatti soffrire, ma spero che i miei nipoti possano avere la possibilità di fare ciò che amano".


Zico si è consacrato al Flamengo subito dopo la chiusura della carriera di quello che è forse stato il giocatore più forte della storia, ovvero sua maestà Pelè:
"Erano momenti in cui io non immaginavo di arrivare dove sono arrivato. Il mio unico sogno era quello di indossare la 10 del Flamengo, seguendo il sogno di Dida, che è stata la prima parola detta dopo mamma e papà. Tutti in famiglia siamo diventati del Flamengo. Per fortuna il buon Dio mi ha dato subito la possibilità di realizzare questo sogno, subito col numero 10 sulle spalle. In Brasile giocare sul finire della carriera di Pelè non è stato semplice per la stampa di Rio, o quando andavo a giocare a San Paolo, dove prendevo botte spesso e volentieri. Pelè aveva un talento fuori dal normale. E' importante però averlo avuto nel calcio come modello, anche se molti giocatori hanno sofferto il paragone con lui. Io però ho sempre giocato per essere Zico, e non il nuovo Pelè. e sono onorato di quello che ho fatto".


Purtroppo il brasiliano non ha vinto mai il Mondiale, resta un rimpianto della sua carriera:
"Ho giocato tre Mondiali e ho perso una sola volta, contro l'Italia. Nonostante questo, non sono mai arrivato in finale. Credo che la Nazionale del 1982 poteva e doveva fare di più; tutti se lo aspettavano. Nel 1978 abbiamo avuto tanti infortuni. Nel 1986 ci è mancata un po' di qualità. Quella del Mundialito vinto dal'Italia era sulla carta molto forte, ma al Mondiale se giochi male una partita vai a casa. L'Italia ha giocato una grande partita contro di noi, anche con molta esperienza, ma il Brasile non ha tenuto fede alla sua forza. E ogni errore era un gol di Paolo Rossi. La storia dei Mondiali è piena di sorprese. Il vero rammarico per me è stato quello di non essere mai arrivato in finale".


Ora c'è il futuro da dirigente/allenatore:
"Se arriva l'opportunità di guidare una squadra, che non sia in Brasile, posso studiare. Per ora sono felice in Brasile, dove mi sto godendo la mia famiglia. Questo lavoro con la tv è più tranquillo, perché non lavoro il fine settimana. Perché non in Brasile? Perché non potrei mai giocare nemmeno una gara contro il Flamengo".

Da allenatore Zico è stato in molti paesi di seconda fascia, come quello indiano, le gerarchie del calcio sembrano in una fase di cambiamento:
"Non credo per quanto riguarda quello indiano. Vedremo quello giapponese. Lì hanno fatto un lavoro per far crescere il calcio. Il loro problema è che i giapponesi in Europa giocano poco. In Cina sta accadendo il contrario. Stanno portando grandi giocatori, ma così' non cresce il movimento calcistico nazionale. E la stessa cosa succede, appunto, in India".

Un consiglio ai giovani calciatori:
"Che è molto piacevole stare con il pallone tutti i giorni, senza essere troppo professionisti. Il pallone alla fine è pur sempre un gioco. Quando ero piccolo, chiedevo sempre un pallone a Babbo Natale. Il calcio può diventare una professione, ma non deve essere ridotto solo a questo".

Si passa poi all'argomento stadio, con una chiosa su Maradona e su come si comporterebbe in caso di chiamata dell'Udinese:
"Mi comporterei bene (ride, ndr). Di Maradona dico che spero che possa dare un contributo alla FIFA. Lui è stato giocatore, allenatore, esperienze da dirigente ed è un nome comunque forte del mondo del calcio. Può dare un aiuto a Infantino. Stadio? Lo vado a vedere fra poco. Mi sembra molto bello e più confortevole per i tifosi".

Zico è stato candidato per diventare dirigente FIFA, ma è stata un'avventura burrascosa:
"Anche quella candidatura è stata un'esperienza. Mi ha dato modo di capire chi sono le persone che stanno guidando il calcio. Le Federazioni hanno poca autonomia decisionale. Il Brasile non può avere la stessa mentalità della Bolivia o del Venezuela. I voti di queste Federazioni non possono essere uguali. Questo vale anche per altre Federazioni come quella argentina, uruguaiana. Dei candidati di quel tempo solo io lavoravo nel calcio, e non avevo tempo e soldi per andare a fare campagna elettorale. Il problema è che i nomi sono sempre gli stessi ed è praticamente impossibile spostare i voti. Vedo difficile il cambiamento e questo mi dispiace molto. Si pensa agli interessi economici e basta. Mondiale a 48 squadre? Ma perché? Solo per i diritti tv e altro. Si deve invece pensare a far crescere le nazionali minori per farle entrare in un Mondiale, non allargare un Mondiale per farlo".


Conclusione con un parere sui brasiliani passati di recente in quel di Udine:
"Per me il miglior brasiliano che è stato qui, o da cui mi aspettavo tanto, perfino di arrivare in nazionale, è stato Maicosuel. Purtroppo lui ha avuto un infortunio, che lo ha condizionato. Poi forse la sua storia in Italia è cambiata con quel rigore sbagliato. E' stato davvero un peccato".
 

(Fonte: http://www.udinese.it/)