Sentieri di Celluloide: Klaus Kinski
Web

“Diagnosi temporanea: Schizofrenia. Diagnosi definitiva: Psicopatia”. È questo quello che si legge sulla prima pagina della cartella clinica dello Stadtische Irren-Und Idioten- Anstalt Zu Dalldorf. Letteralmente: Struttura Cittadina per Pazzi e Idioti di Dalldorf. Il paziente? Nikolaus Karl Gunther, in arte Klaus Kinski. Durante il periodo trascorso in ospedale, Klaus si innamorò perdutamente di una dottoressa di 24 anni più anziana. Un amore non ricambiato che lo portò a una totale disperazione, tanto da tentare il suicidio iniettandosi tre fiale di morfina. Dopo tre giorni tentò nuovamente il folle gesto e, dopo essere stato salvato ancora una volta, cercò di violentare la donna. Il suo comportamento indusse i dottori a classificarlo come “Pericolo pubblico”.

Kinski, nacque il 18 ottobre 1926 a Sopot, sul mar Baltico, in Polonia. Il padre, un farmacista con aspirazioni liriche, abbandonò la famiglia costringendola a trasferirsi in un quartiere povero e disagiato di Berlino. La sua gioventù venne segnata dalla guerra: dopo essersi arruolato nell’esercito nazista venne catturato viene internato in un campo di prigionia.

Uscito dal suo ricovero nell’ospedale psichiatrico, tentò la fortuna come attore teatrale, anche se poi scelse il cinema, “per far soldi più velocemente”, come confessò più tardi. Nel 1948, debuttò in “Morituri”, iniziando una carriera come caratterista, interpretando soprattutto personaggi luciferini e violenti, perfettamente adatti alla sua maschera e alla sua capacità diabolica dal punto di vista della recitazione. Dopo aver girato la parte di un furioso anarchico in “Il Dottor Zivago”, di David Lean, sbarco in Italia alla metà degli anni Sessanta. Sergio Leone vide in lui l’attore giusto per il ruolo del “gobbo” in “Per qualche dollaro in più”, 1965. Da quella interpretazione diventò uno degli attori più contesi dai registi del Western Italiano, consapevoli però di avere a che fare con un attore ingestibile, aggressivo e arrogante.

La carriera di Kinski, ormai considerato una mina vagante dei set, ebbe la svolta nel 1972, anno in cui iniziò il sodalizio artistico con l’amico regista, Werner Hergoz. “Aguirre, Furore di Dio” fu il primo dei cinque film in cui lavoreranno insieme e fu anche l’inizio di un rapporto di violenti litigi tra i due. Hergoz arrivò a minacciare di uccidere Kinski e se stesso, quando l’attore espresse la volontà di abbandonare la lavorazione del film, nata tra mille difficoltà e pericoli nella foresta Amazzonica. Kinski, che pur avendo dichiarato di essere pronto ad immergersi nella natura e che nulla lo avrebbe scoraggiato, dopo i primi giorni di piogge, iniziò le sue proverbiali sfuriate, sfogando la sua rabbia sulla sua terza moglie che lo aveva accompagnato in quell’avventura cinematografica. Colto da attacchi d’ira la picchiava e la trascinava per i capelli, costringendo lo stesso Hergoz a far ripulire dal sangue il set.

Dopo essere stato Lope De Aguirre, girò, tutti diretti da Hergoz, “Nosferatu, il Principe della Notte” 1978, rifacimento del capolavoro diretto da F.W. Murnau, nel 1922. “Woyzeck”, 1979. “Fitzcarraldo”, 1982, dove affiancò Claudia Cardinale, che ricorderà quell’esperienza come un incubo: “Tutti coloro che hanno conosciuto Klaus, con quegli occhi allucinati, lo sguardo fisso, terrificante, lo sanno…Klaus era completamente svitato”. Hergoz aggiunse: ”Non dovrei più fare film, dovrei andare direttamente in manicomio”. Con “Cobra verde”, del 1987, terminerà il rapporto tra Kinski e il regista che ripercorrerà la loro assurda amicizia nel film documentario, “Kikski. Il mio nemico più caro”. Si sposò cinque volte, dal matrimonio con Brigitte Ruth Tocki, nacque la bellissima Nastassja Kinski. Per ultima sposò l’attrice italiana Debora Caprioglio. Con alle spalle oltre 150 film, girati nel nome del vil denaro, il più sprezzante degli attori della storia del cinema morì di infarto il 23 novembre 1991. Il solo membro familiare presente al suo funerale fu il figlio Nikolai, che spargerà le sue ceneri nell’Oceano Pacifico, pronunciando una frase paterna: “Gli uomini sono come gli abissi, ti gira la testa a guardarci dentro”.

VAVEL Logo