Il weekend di Austin va in archivio. E' già ora per le varie scuderie di preparare le casse da spedire in Messico per la prossima tappa del campionato, ma il post gara per addetti ai lavori e appassionati arriva come tempo in cui tirare le somme. Concentrando l’attenzione sulla Ferrari, appare subito evidente come quello appena passato in Texas sia stato un weekend piuttosto avaro di soddisfazioni, con un ritiro per Kimi Raikkonen a causa di un problema nell’avvitamento di una gomma durante il pit stop che lo ha costretto a dover parcheggiare la sua vettura ed un 4° posto per Sebastian Vettel, autore di una buona gara ma mai davvero in lotta per il podio.

E’ sicuramente un periodo buio per la Ferrari e lo dicono i fatti: l’ultimo podio ottenuto è stato quello di Vettel a Monza, mentre la casella “vittorie” è ancora vuota in questa stagione e con tutta probabilità rimarrà tale fino al termine della stagione. Dire che la SF16-H sia una macchina nata male tuttavia non è corretto, infatti sebbene in qualifica per quasi ogni tappa del mondiale la Mercedes è stata inarrivabile grazie anche al sistema di overboost che garantisce cavalli in più, si può invece dire che in gara all’inizio della stagione il distacco era molto contenuto, tanto che all’esordio a Melbourne la Rossa è andata molto vicina alla vittoria.

Ora che ci si trova nella parte conclusiva della stagione anche la domenica le cose non vanno bene per il team di Maranello: il distacco con i tedeschi è pressoché abissale, mentre da metà stagione in poi la Red Bull (salvo Monza) ha dimostrato la bontà del suo progetto tecnico, rimontando prima sulla Ferrari, mettendola dietro quasi sempre, e talvolta andando ad insidiare la Mercedes, riportando anche due vittorie con una massimizzazione delle occasioni che si erano create. Dunque si tratta di una situazione ben lontana dai proclami di inizio stagione di Marchionne, che invece lanciava la sfida alla W07 tedesca per il titolo. Tutto ciò porta alla logica conclusione che la SF16-H nel momento in cui gli altri due top team progredivano sia rimasta piuttosto ferma con lo sviluppo, ma c’è da dire che non tutta la colpa quest’anno è legata ai progettisti. James Allison, a capo del progetto della Rossa, dopo la gara in Australia ha subito la perdita della moglie, grave lutto che lo ha costretto a rimanere lontano da Maranello spesso per stare vicino ai figli in una così drammatica vicenda. Ma a ben vedere, c’è qualcosa che accomuna questa stagione a molte altre precedenti.

Infatti, escludendo lo scorso anno che aveva illuso un po’ tutti circa il futuro, sembra esserci un male interno alla Ferrari che da ormai quasi un decennio a questa parte la affligge: quello legato al fatto che gli aggiornamenti alla vettura, tra l’altro pochi, una volta portati in pista non funzionano o perlomeno non riescono a dare gli effetti sperati e calcolati. E’ un problema che può essere legato ad una inadeguatezza dei simulatori e della galleria del vento usati a Maranello, settori in cui eppure sono state investite consistenti somme di denaro per il loro ammodernamento, ma anche al clima che si respira nel reparto Ricerca & Sviluppo: caricando infatti questa stagione di molte aspettative (come spesso in passato), chi lavora agli update alla vettura ha su di sé un macigno di pressione e non riesce a lavorare in serenità, cosa che si riverbera poi sulla loro produttività.

Alle difficoltà prettamente tecniche si accompagnano poi errori di strategia dal muretto, anche gravi a volte, che a posteriori sono risultati determinanti in varie occasioni. In Ferrari sembrano essere troppo legati a ciò che i calcoli sulla simulazione di gara predicono e ben poco invece a quello che è lo svolgimento della gara e alle occasioni che possono nascere.

In questo scenario tutt’altro che positivo il nuovo coordinatore delle varie aree di sviluppo Mattia Binotto ha per il 2017 una sfida assai dura da affrontare per restituire competitività al Cavallino Rampante, anche dal momento che ingegneri di livello non ci sono nel team dopo l’addio ad Allison: è stata scelta infatti la valorizzazione di ingegneri che precedentemente erano relegati a compiti secondari, scelta motivata anche dal fatto che per poter far approdare a Maranello un progettista di un certo spessore da un'altra scuderia c’è un periodo di gardening da rispettare, ovvero un periodo in cui egli non può direttamente collaborare con un nuovo team. Binotto ha dimostrato di saper svolgere egregiamente il suo lavoro quando era a capo dell’area che si occupava della Power Unit e lo dimostra la rimonta in questo aspetto della vettura che nel giro 2 anni ha portato la Ferrari pressoché a chiudere il gap di motore con la Mercedes; ora però ha un incarico piuttosto difficile, e per il bene della Ferrari va a lui il più grande incoraggiamento possibile.