FC United of Manchester - intervista a Richard Simpson
FC United of Manchester - intervista a Richard Simpson

Il nostro viaggio alla scoperta del public company ci ha portati a conoscere diverse realtà calcistiche. Dal Regno Unito alla Germania, dalla Spagna al Portogallo. In tutta Europa vi sono club che hanno sposato i principi dell'azionariato popolare. Lo scopo? Fornire una cura al sistema calcio. La sfida da lanciare? Riportare il tifoso ad essere il protagonista assoluto.

Giunti in Inghilterra, dove il football è stato battezzato, ci siamo sùbito trasferiti a Manchester, sponda United. Verrebbe facile pensare ai Busby Babes, agli indimenticabili Best e Cantona e all’egemonia sotto il regno di Alex Ferguson. Invece no. A destare il nostro interesse è stata una community di tifosi. Si fanno chiamare Red Rebels e nel 2005 hanno fondato l’FC United of Manchester. Qui ogni membro ha uguale diritto di voto e vige la regola del volontariato. Oggi il club milita nella Premier Division della Northern Premier Leauge.

“Dimostreremo che i tifosi possono possedere e gestire una società di calcio", ripetono neanche fosse un mantra. Assicurano che la società è e resterà sempre un’organizzazione no profit. Ne è certo anche Richard Simpson, uno dei mille fondatori del club, che ci ha concesso questa breve intervista.
 

Nel calendario del supporter dell'FC United of Manchester, il 12 maggio è cerchiato in rosso. Che cosa è accaduto il 12 maggio 2005?

Il 12 maggio è un giorno indimenticabile non solo per i supporter dell'FC United of Manchester, ma anche per quelli del Manchster United. In quel giorno, durante la notte, lo United passò dalle mani del più ricco al mondo in quelle del più indebitato. Ma questo è stato solo l'insulto finale: negli ultimi 10/15 anni il calcio della massima serie era cambiato. I Glazer furono solo la goccia che fece traboccare il vaso. In realtà, solo il 5% degli abbonati ha contribuito a fondare il nuovo club, gli altri invece hanno preferito attendere. Quel 5% era ormai stanco di vedere aumentare del 50% i prezzi dei biglietti, di vedere gli steward che impedivono continuamente ai tifosi di restate in piedi, e il club pubblicizzarsi in tutto il mondo attraverso la vendita di orologi, vino e sponsorizzando compagnie aeree. Era stata dimenticata la storia di quella squadra di calcio fondata ben 140 anni fa da dei ferrovieri e supportata dalle varie generazioni degli abitanti di Manchester. Sia nei momenti belli sia in quelli bui. Ora il Manchester United è una vera e propria impresa commerciale.

Quanti sono stati i tifosi a seguirvi fin dai primi giorni? E quanti ne contate adesso?

Due settimane dopo che i Glazer presero il controllo finanziario del club, 2.000 persone hanno partecipato ad un incontro pubblico. Mille di loro garantirono una somma che potevano offrire (circa 100 sterline). Ogni anno abbiamo calcolato, in media, 3.000 comproprietari. Circa 2.000 assistono alle partite casalinghe.

A quanto ammonta il budget annuale? Quant'è la capienza massima del vostro impianto e qual è stato il picco di presenze raggiunto? Quanto costa abbonarvisi?

Beh, il budget risente indubbiamente delle attuali contingenze economiche. Credo che si aggiri attorno alle 45,000 sterline. Stiamo anche iniziando a costruire lo stadio di proprietà, a Moston, nella zona nord di Manchester. Conterrà 5000 posti a sedere e altri 4.200 per restare in piedi sulle gradinate. Questo per la prima metà del terreno a disposizione, l'altra metà verrà edificata in caso di necessità. Contribuiamo con quello che possiamo permetterci: a partire da un minimo di 90 sterline, con una media di 150. I tifosi scelgono quanto pagare. L'abbonamento costa 12 sterline.

La differenza tra il Manchester United e l'FC United of Manchster in sole tre parole.     

Svago. Non profitto.

La vostra maglia ha gli stessi colori sociali del Manchester United, ma non presenta alcuno sponsor. Da cosa è dipesa questa scelta?

Siamo un club in cui vale la regola "Un membro, un voto". Desideriamo che il distintivo del club resti l'unica immagine sulla maglietta: è qualcosa di sacrosanto ed intoccabile. Cioè non negoziabile.

In Inghilterra esistono altre realtà come la vostra? C'è un fil rouge che vi accomuna?

Sì, ce ne sono altre. I tifosi dell'AFC Wimbledon ci furono d'aiuto nel 2005. Siamo in continui contatti con i tifosi degli altri club di proprietà. Il Portsmouth, ad esempio, ha partecipato ad un incontro da noi, la scorsa stagione, e abbiamo fatto tutto il possibile per aiutarli.

Il vostro manifesto parla chiaro: "Dimostriamo che i tifosi possono possedere e gestire una società di calcio". Credete che il modello del public company sia esportabile? Anche in italia?

Credo di sì. In Bundesliga, il 50% del club è di proprietà dei tifosi. Noi vorremmo che la società di calcio torni ad essere il cuore della comunità. E, in questo senso, è stato fatto un enorme sforzo per forgiare rapporti indissolubili con l'area in cui sorgerà il nuovo impianto sportivo. Un po' come accadeva 130-140 anni fa. Spero che questa filosofia contagi anche l'Italia. Ma c'è già una realtà molto simile alla nostra: il Lucca United.

Indubbiamente avrete anche un piano a medio-lungo termine e tanti sogni nel cassetto. Se doveste proiettarvi nel 2025, come immaginereste il vostro club e quali traguardi sognereste di aver tagliato?

Wow! E' molto difficile prevederlo. Il sogno nel cassetto è l'FC UM in 4a o 5a serie, con un gran bel tifo al seguito (la butto lì: 12.000 spettatori e 10.000 in piedi), restando fedeli ai nostri principi.

Il calcio moderno idolatra il dio denaro e occupa il piccolo schermo. Ritieni che l'azionariato popolare sia l'unica cura per l'intero sistema calcio?

Il sistema si basa esclusivamente sugli introiti derivanti dai diritti televisivi. Tuttavia, se molti paesi cominciassero a ideare dei loro campionati e i tifosi sostenessero le squadre locali, come succede in Estremo Oriente, il modello finanziario su cui si fonda la Premiership crollerebbe. Le future generazioni della working-class non potranno permettersi di abbonarsi a nessuno dei sei top club della Premier League, eppure sono gli unici a nutrire una reale passione per il football. Una volta che questi tifosi verranno emarginati, non ritorneranno più. Nel 1980 l'età media nella Stretford End (la celebre curva dell'Old Trafford, ndr) era di 19 anni; oggi, è di 44. Ciò non è ammissibile. Il nostro slogan recita "No al calcio moderno". Perciò l'azionariato popolare resta l'unica alternativa.

Possiamo dire che l'FC UM vi ha riavvicinato ai veri e sani valori del calcio. O sbagliamo? Quindi non ci resta che augurare lunga vita allo United (of Manchester).

A 51 anni, grazie all'FC UM, mi sono rinnamorato di questo sport. Adesso, quando vado allo stadio e guardo la partita, mi diverto.

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