Oggi è un triste anniversario per l'automobilismo italiano. Sono trascorsi 60 anni dalla morte di Alberto Ascari. A molti il suo nome magari non dirà molto, probabilmente perchè risale agli albori dell'automobilismo. Eppure fu il secondo pilota del nostro paese, dopo Nino Farina, ad aggiudicarsi l'iride piloti in Formula Uno. Alberto Ascari ne conquistò 2 consecutivi, nel 1952 e nel 1953, entrambi su Ferrari. Nessun pilota di casa nostra riuscì più ad imitarlo. Solo Michele Alboreto andò vicino a ripetere l'impresa nel 1985, 30 anni dopo la morte dello stesso Ascari, ma una serie di ritiri nella parte finale della stagione mandarono in fumo i suoi piani.

Il padre Antonio, scomparso tragicamente il 26 luglio 1925 a Monthlery, presso Parigi, gli trasmise la passione per le corse. La madre tentò di sviarlo da questa, mandandolo in collegio nelle Marche. Purtroppo però al proprio destino nessuno gli sfugge. Infatti così come neppure il bagno nel fiume Stige impedì all'eroe Achille di rendere invulnerabile il proprio tallone, Alberto Ascari scappò dal collegio e iniziò a gareggiare. Prima lo fece con le moto per evitare ogni paragone con il padre, poi passò alle auto. Evitò la chiamata alle armi durante la Seconda Guerra Mondiale grazie al commercio di carburanti. Terminato il conflitto ricominciarono le corse e Ascari battagliò con altri protagonisti dell'epoca tra cui: Juan Manuel Fangio, il già citato Farina, Luigi Fagioli, Froilan Gonzalez, Mike Hawtorn, Piero Taruffi. Tutti questi piloti avrebbero preso parte dal 1950 al Mondiale di Formula Uno. Dopo un quinto posto in quell'anno e la piazza d'onore nella stagione successiva, il milanese riuscì a conquistare per 2 volte di fila l'iride. Nel 1952 trovò pure il tempo di partecipare con la Ferrari 375 alla 500 miglia di Indianapolis. La rottura del mozzo di una ruota lo costrinse al ritiro. Fu la prima e unica gara della casa di Maranello in questa corsa. Una vettura progettata per gareggiare nell'edizione 1986 poi non lo fece perchè l'idea fu accantonata.

Alberto Ascari anticipò i tempi in materia di preparazione fisico atletica dei piloti, tenendosi in forma con la ginnastica e prestando attenzione alla propria alimentazione. Il milanese in gara era solito partire forte, cercando di accumulare più vantaggio possibile sugli avversari, per poi gestirlo fino alla bandiera a scacchi, rispettando la sua vettura. Dopo i 2 titoli piloti consecutivi nel 1952 e nel 1953 sposò la causa di Gianni Lancia. Purtroppo però i risultati negativi provocarono il disimpegno dal Circus della casa torinese. Il 22 maggio 1955 un incidente a Monaco nella chicane del porto fece finire Ascari in acqua. Per vincere la paura e riprendere subito confidenza con la pista lo stesso Alberto Ascari, il 26 maggio, 4 giorni dopo Monaco, accettò l'invito di Luigi Villoresi ed Eugenio Castellotti a collaudare la Ferrari 750. Quest'ultima vettura avrebbe dovuto gareggiare nel Gran Premio Supercortemaggiore. Durante l'ultimo dei 3 giri di test alla curva del Vialone la vettura sbandò e si cappottò. Ascari fu schiacciato e perì immediatamente. Si rivelò vano il tentativo di rianimazione. Alberto Ascari aveva 37 anni.

In sua memoria la stessa curva del Vialone dove morì venne dedicata a lui, così come sui circuiti di Jarama e Buenos Aires. Nel 1992 fu inserito nella International Motor Sports Hall of Fame di Talladega. Quanti anni dovranno passare ancora prima di vedere un italiano vincere il Mondiale piloti in Formula Uno con la Ferrari?