Marco Masini - Spostato di un secondo: la recensione di Vavel Italia
Rockol

Solitamente, quando ci si appresta ad ascoltare il disco di un artista ormai affermato, per di più stabilizzato su una certa cifra di vendite praticamente identica da 10 anni a questa parte, si pensa sempre di trovare un qualcosa di classico, nel pieno stile del cantante in questione. Approcciando invece il nuovo disco di Marco Masini si ha da subito l'impressione di trovare qualcosa di diverso dal solito e da quello che il cantautore toscano ha proposto nel corso della sua carriera. Ciò ovviamente non indica per forza un totale cambio di rotta, ma è evidente che in Spostato di un secondo si trovi un Masini rinnovato, evoluto, con sonorità diverse da quelle degli altri suoi dischi e con un'energia che da un over50 con 27 anni di carriera alle spalle non ci si aspetta.

Il disco oscilla tra pezzi potenti, elettronici, caratterizzati da testi ermetici e sperimentazioni musicali - dove trova perfetta collocazione la title-track e brano sanremese Spostato di un secondo - e più classiche ballad à la Masini dai ritmi allo stesso tempo delicati ed incalzanti. Il pezzo presentato a Sanremo è la punta dell'iceberg di un disco molto variegato, dove spiccano altri pezzi energici come Ma quale felicità e Nel tempo in cui sono tenuto a restare, caratterizzati da una forte matrice elettropop e che aprono il disco con una carica non indifferente, precedendo la già citata title-track. Dopo una partenza in quarta arriva il primo momento riflessivo del disco, Tu non esisti è un pezzo lento, quasi parlato nelle strofe, dove Marco presenta una riflessione importante su come sarebbe potuta essere una storia che non è stata, fino a cancellarla completamente dalla sua memoria con un ritornello che esplode ricordando molto L'amore esiste di Francesca Michielin, pur essendo due testi molto differenti.

La parte centrale del disco è forse quella meno riuscita: Invece di scriverti una canzone ricorda molto il brano sanremese, proponendo ottime riflessioni sul piano del testo ma perdendo un po' di forza nel ritornello, sia testualmente che musicalmente; La massima espressione d'amore viceversa è molto orecchiabile e valorizza la voce di Masini, a dispetto di un testo non riuscitissimo. Una via di mezzo invece la rappresenta Guardiamoci negli occhi, dove inizialmente la musica appare un po' scontata - seppur orecchiabile - per poi esplodere invece nello special dove acquista un'intensità particolare, con Masini guida il crescendo del pezzo con la sua vocalità, sommata ad un ottimo testo che rispecchia fedelmente le caratteristiche di scrittura del cantautore ("E diranno che è uno sbaglio, che è soltanto un'illusione, che dovremmo dare ascolto a chi ne sa molto di più, ma sorrideremo forte quando arriverà domani" ).

L'ultima parte dell'album è la più riflessiva, caratterizzata da una maggiore vena intimistica dei testi e da musiche più dolci, pur senza perdere l'energia che la voce di Masini sa dare e quel crescendo tipico delle sue composizioni. All'altro capo di un filo si propone tra i testi migliori del disco, andando oltre il semplice racconto di una storia d'amore, analizzando la debolezza dell'uomo che rimane solo e attaccato "all'altro capo di un filo", dove dall'altra parte c'è una persona che lo ha già dimenticato e proponendo delle riflessioni importanti anche sul rapporto tra le persone e il mondo ("e vivo a intermittenza, con questo sole in faccia e dentro un'altra pioggia di nuove ipocrisie, affetti virtuali, in cerca di altre idee in questi giorni uguali" ). La ricerca di qualcosa nel proprio passato è tema fondamentale anche di Qualcosa che cercavi altrove, che fonde molto bene lo stile masiniano e le classiche ballad moderne, pur perdendo qualche colpo nello special, che smorza la forza di quello che per il resto sarebbe un ottimo pezzo. Segue La vita comincia, che riprende il filo conduttore dei brani precedenti e che risulta anche più intenso e meglio riuscito, con alcune parti di testo degne del miglior Masini di Malinconoia e una musica che fa entrare l'ascoltatore dentro la canzone già dal primo ascolto.

La parabola discendente del disco, partito con pezzi al limite della dance per arrivare alle ballad, termina con il brano più riflessivo e cantautorale dell'album: Una lettera a chi sarò riprende quel Masini introspettivo che spesso abbiamo potuto gradire nel corso degli anni, da Un piccolo Chopin a Marco come me. Un modo per guardare avanti e guardarsi indietro (e dentro) allo stesso tempo, con una musicalità e un'atmosfera quasi "fossatiana", e un testo come sempre degno di nota. C'è spazio anche per la cover portata con successo a Sanremo, un degno omaggio a Giorgio Faletti e alla sua Signor tenente, magistralmente eseguita da Masini sul palco dell'Ariston.

Un disco sicuramente particolare, per certi versi fuori dai classici schemi del cantautore fiorentino che non perde la sua identità ma semplicemente la rinnova. Non si tratta certamente di un lavoro "immediato", che necessita di più ascolti e di un'analisi più approfondita per essere apprezzato appieno, soprattutto per la normale sensazione di sorpresa nel confronto con gli altri lavori di Masini, ma è un disco che merita.

1. Ma quale felicità (Masini - Camba - Coro)
2. Nel tempo in cui sono tenuto a restare (Masini - Zibba - Cecere - Calvetti)
3. Spostato di un secondo (Masini - Zibba - Calvetti)
4. Tu non esisti (Masini - Iammarino - Calvetti)
5. Invece di scriverti una canzone (Masini - Stefanini - Zibba - Calvetti)
6. La massima espressione d'amore (Masini - Camba - Coro)
7. Guardiamoci negli occhi (Masini - Angiuli - Cecere - Vicini - Iammarino)
8. All'altro capo di un filo (Masini - Iammarino)
9. Qualcosa che cercavi altrove (Masini - Carboni - Moretti - Iammarino)
10. La vita comincia (Masini - Marotta - Iammarino)
11. Una lettera a chi sarò (Masini - Iammarino)
12. Signor tenente (Giorgio Faletti)

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