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ATP - Federer, cemento amaro e addio terra

Lo svizzero saluta gli States dopo due cocenti delusioni. Stop solo in parte inattesi, frutto di errori e tensione. Ora pausa di oltre due mesi, ritorno sull'erba.

ATP - Federer, cemento amaro e addio terra
Roger Federer. Fonte: Miami Open/Twitter
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Di Andrea Russo Spena

Proprio quando ci si attendeva un nuovo back to back da dominatore, Roger Federer ha mostrato segnali di logorio atletico e mentale. Naturale dopo quindici mesi in cui le sconfitte del fuoriclasse elvetico si sono contate sulla dita di una mano. "Ho creato un mostro", diceva il primo Federer (quello delle stagioni 2005-2006), riferendosi alle critiche ricevute dopo ogni - rarissima - sconfitta. A distanza di oltre dieci anni, il mostro è ancora vivo, se è vero che i due k.o. di Indian Wells e Miami hanno provocato un gigantesco stupore collettivo. 

Lo stesso giocatore acclamato a Rotterdam come il più anziano numero uno di sempre nuovamente messo nel mirino della critica: troppo vecchio, in affanno, e chi più ne ha più ne metta. La realtà racconta invece una storia diversa. Il Federer che ha nuovamente abituato tutti a vincere sempre (era imbattuto nel 2018 fino alla finale di Indian Wells, 17-0) è una fantastica e meravigliosa eccezione alla regola, ma pur sempre un'eccezione. Pensare che a quasi 37 anni potesse ripetere in toto l'exploit della scorsa stagione era utopistico. Federer ci è già andato vicino vincendo gli Australian Open, dominando e dando spettacolo sul veloce indoor di Rotterdam, issandosi fino alla finale sul cemento californiano di Indian Wells, nonostante un calo complessivo evidente. E se lo svizzero non è riuscito a ripetere la doppietta a stelle e strisce dello scorso anno, bisognerà cercare di individuarne le ragioni, che in questo caso sono tecniche, atletiche e mentali. Nel deserto di Indian Wells Federer ha raggiunto la finale quasi di inerzia, sfruttando un tabellone non impossibile e battendo solo un vero giocatore di livello fino alle semifinali, vale a dire Hyeon Chung, il martello sudcoreano che avanza. Poi la partita con Borna Coric, giocata male contro un avversario in crescendo, portata a casa con esperienza e con l'aiuto benevolo del croato, fino all'atto conclusivo con Juan Martin Del Potro. Rivale che da sempre l'elvetico soffre, non solo per la potenza del suo servizio, ma soprattutto per la capacità di picchiare selvaggiamente di rimbalzo, in particolar modo di dritto. Un Federer a due cilindri era comunque riuscito a risolvere il rebus albiceleste, fino al black-out dei tre match points falliti e di un tie-break disastroso, praticamente non disputato.

La sconfitta con Del Potro ha ricordato quella già patita in semifinale agli US Open 2011 contro Novak Djokovic. Anche in quel caso Federer ebbe match points a disposizione sul proprio turno di battuta nel set decisivo (come dimenticare la risposta a "occhi chiusi" del serbo), ma fu capace di fare harakiri, perdendo un match estremamente equilibrato. Se a Indian Wells le condizioni tecniche erano tutte per lui, a Miami i campi più pesanti e l'umidità hanno da sempre reso lo svizzero "meno ingiocabile". Ma la sconfitta di Key Biscayne contro Thanasi Kokkinakis, redivivo australiano dal talento ancora tutto da lucidare, è figlia del k.o. californiano. "Non so quanto ci metterò a superare questa delusione", aveva detto un Federer stizzito in conferenza stampa dopo il k.o. con DelPo. A Miami si è rivisto, in particolar modo nel secondo e nel terzo set, il Federer titubante e tremebondo di qualche anno fa, segno che perdere aiuta a perdere, a tutti i livelli. Male di dritto e di rovescio, con pochi vincenti a segno e tanti gratuiti a referto, Roger ha confermato di non gradire i giocatori che hanno un ottimo servizio e un dritto potente, come il Kokkinakis in giornata di grazia di sabato sera, e di mancare le occasioni a disposizione sotto pressione. Probabile che nello svizzero si sia insinuata anche una certa stanchezza, se è vero che nei movimenti laterali è spesso arrivato in ritardo, soprattutto considerando i primi passi, quelli da "sprinter". La precoce eliminazione non ha però modificato i piani di Federer: niente terra rossa, esattamente come lo scorso anno, ma appuntamento a giugno, sull'erba amica di Halle (possibile un'apparizione anche a Stoccarda), per preparare la difesa del titolo vinto a Wimbledon. Due mesi di relax, riposo e allenamenti per tornare brillante. Tifosi e addetti ai lavori gli chiederanno di rivincere, dimenticando che siamo nel 2018, e che le imprese sono tali proprio perchè non si ripetono con frequenza.