Chissà se alla fine degli anni Novanta, i due talenti più promettenti del tennis femminile italiano avrebbero mai immaginato di ritrovarsi insieme, quasi vent'anni dopo, in semifinale agli Open degli Stati Uniti. Roberta Vinci e Flavia Pennetta, all'epoca dominatrici a livello regionale tra le juniores pugliesi, hanno avuto una carriera da singolariste diversa per sviluppo ed evoluzione tecnica, la stessa che però le ha condotte ora tra le migliori quattro del torneo di Flushing Meadows edizione 2015.

Roberta Vinci da Taranto ha faticato a lungo prima di divenire un'autorevole esponente del circuito femminile Wta. Dapprima doppista di livello assoluto (capace poi di completare il career Grand Slam in coppia con Sara Errani), questa ragazza classe 1983 è esplosa infine anche in singolare, riuscendo a coniugare un tennis dal sapore antico con le necessità imposte dal gioco contemporaneo. Dotata di un talento speciale per il tennis di volo, la Vinci ha scalato pian piano la classifica Wta, fino a diventarne la numero 11 nell'anno di grazia 2013, prima e unica atleta italiana a vincere almeno un torneo su tutte le superfici di gioco. Già presente ai quarti agli Us Open nel 2012 e nel 2013, la tarantina si è superata nell'edizione in corso dello Slam newyorchese, approfittando anche di un tabellone abbordabile per issarsi fino alla semifinale in programma stanotte contro Serena Williams. In un'epoca in cui anche le donne hanno cominciato a sfruttare la potenza dei propri colpi, la Vinci si distingue per un gioco classico, sostanzialmente desueto, fatto di un rovescio esclusivamente in back (una vera e propria arma impropria contro avversarie che faticano a contrastare palle basse e liftate), di un servizio non velocissimo ma insidioso come quello di una grande doppista, e un di un diritto solido da sfruttare per venire a rete appena se ne presenta l'occasione. Con la Vinci tornano di moda i gesti bianchi del tennis, colpi ormai dimenticati nel mondo delle superwomen con la racchetta. In pochi avrebbero scommesso in una carriera ad alti livelli per Roberta, tanto talentuosa quanto leggera per il tennis degli anni duemila. Eppure la tarantina non ha mai smesso di lottare, divenendo una delle più forti giocatrici azzurre di sempre, con la semifinale appena conquistata come punto di arrivo di un cammino accidentato.

Discorso solo parzialmente diverso per la sua corregionale Flavia Pennetta, brindisina classe 1982 che ha fatto della continuità il suo punto di forza, sino a poter essere considerata la tennista italiana più completa nella storia del gioco. Dopo un inizio travagliato, la Pennetta è esplosa nell'estate del 2009, in cui ha dimostrato tutto il suo feeling con il cemento americano (vittoria a Los Angeles e show a Cincinnati per entrare tra le top ten, fino a raggiungere i primi quarti di finale a New York dopo una battaglia epica vinta contro Vera Zvonareva).  Un brutto infortunio al polso sembrava compromettere l'ultima fase della vita tennistica di Flavia, invece strepitosa nel tornare competitiva ad alti livelli. Sfruttando un miglioramento evidente nella resa con la prima di servizio, la brindisina ha reso se possibile ancor più solido il suo tennis, in cui il rovescio si distingue per bellezza stilistica ed efficacia. Grande interprete del gioco di rete e di variazioni sul tema come la palla corta, la Pennetta riesce finalmente a raggiungere la semifinale degli amati Us Open nel 2013, dove la sua cavalcata è arrestata dalla bielorussa Azarenka. Ma per Flavia non è di certo il canto del cigno: quarti di finale a Melbourne e trionfo a Indian Wells 2014 dimostrano che l'azzurra non ha alcuna voglia di fermarsi, sospinta come d'abitudine da una forza di volontà ferrea. Ancora tra le migliori otto a Flushing Meadows l'anno scorso, giunge ancora in semifinale nell'edizione in corso, dopo aver schiantato la ceca Petra Kvitova, già vincitrice di due Wimbledon, e Samantha Stosur, campionessa a New York nel 2012.

Il risultato (parziale peraltro) di questo bollente ultimo Slam stagionale rende onore a due carriere eccezionali, di due azzurre troppo spesso poco considerate per quanto mostrato in un quindicennio di tennis, tra successi in singolare e in doppio, passando per i trionfi di Fed Cup. Una finale a New York, magari con l'una di fronte all'altra sull'Arthur Ashe, sarebbe forse chiedere troppo, ma intanto il sogno americano di Roberta e Flavia continua, così come si arricchiscono di nuovi capitoli le pagine di storia scritte per il librone del tennis italiano, che si gode due azzurre tra le prime quattro di Flushing Meadows 2015.

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Andrea Russo Spena
Laureato in giurisprudenza, con una passione senza confini per lo sport. [email protected]