Sotto due set a zero con Marin Cilic, il croato che lo aveva sconfitto in semifinale agli Open degli Stati Uniti del 2014, in pochi avrebbero scommesso su una rimonta di Roger Federer, impegnato sul campo centrale di Wimbledon nel primo quarto di finale dell'edizione 2016 Championships. Forse nessuno sul tre pari 0-40, quando una palla break convertita avrebbe avuto il sapere del match point per il croato. Eppure il fuoriclasse svizzero si è ribellato al destino di una sconfitta che sembrava scritta, imbastendo un'emozionante rimonta che lo ha condotto a spuntarla al quinto set d'orgoglio e di classe, dopo essere stato più volte a un punto dalla sconfitta.

Il Federer di ieri è lontanissimo dai suoi standard migliori, per condizione atletica più che tecnica, ma ha mostrato ancora una volta un lato di sè troppo spesso sopravvalutato. Nell'era dei grandi combattenti come Novak Djokovic e Rafa Nadal, l'uomo da Basilea è a lungo passato inosservato come eccezionale agonista, fuoriclasse orgoglioso che non si concede tanto facilmente alla sconfitta. E' una questione di DNA, lo stesso che lo faceva piangere da ragazzino ogni volta che perdeva tra gli juniores, lo stesso che gli ha consentito di ottenere ieri la decima rimonta al quinto set della sua strabiliante carriera. Federer non urla, non si dimena, non fa pugnetti dopo ogni scambio, ma ha dentro di sè il sacro fuoco dei grandissimi, degli sportivi che non si arrendono neanche di fronte all'evidenza di un match quasi finito. Ma per tirarsi su dalla fossa in cui si era ritrovato nel match contro Cilic non è bastato far appello al cuore, al carattere e alla determinazione, ma è stato necessario ricorrere al meglio del repertorio a disposizione, sciorinato a sprazzi soprattutto con il rovescio, il colpo barometro del tennis dello svizzero.

Federer ha preso via via confidenza anche con la risposta, tamponando le ondate alla battuta del croato, facendosi invece sempre assistere dal servizio, colpo chirurgico come dovrebbe accadere sempre per un atleta prossimo ai trentacinque anni. Il resto lo ha fatto l'istinto, quello che gli ha consentito di tirare un paio di passanti di rovescio di solo polso e fuori dal campo, con Cilic incredulo di fronte all'occasione sprecata e forse infastidito dal dover rigiocare da capo un match che per oltre un'ora e mezza era stato nelle sue mani.

Ora Federer è per l'ennesima - l'undicesima - volta in semifinale a Wimbledon (tutte vinte, l'ultima lo scorso anno su Andy Murray), dove ritroverà, a distanza di due anni, il canadese Milos Raonic, sconfitto nel 2014 con un periodico 6-4. Se l'elvetico non è al top della condizione, neanche Raonic può vantare una striscia di risultati impressionanti: dopo essere stato a un passo dal baratro contro il belga David Goffin in ottavi, ha concesso ieri un set all'americano Sam Querrey, mostrando i soliti limiti di mobilità che lo rendono ormai un giocatore affidabile ma non ancora in grado di fare l'ultimo passo tra i big del circuito maschile. Per Federer sarà un'altra semifinale contro un grande battitore: il canadese ha anzi un servizio ancor migliore di quello di Cilic, un dritto più potente, ma è più vulnerabile negli scambi da fondo campo. Domani sarà meglio partire concentrati contro il canadese, per non ritrovarsi a dover rincorrere contro un avversario che si esalta nei momenti positivi e va invece in difficoltà in quelli negativi. Ancora una volta la percentuale di prime di Federer potrebbe fare la differenza, così come la risposta, soprattutto di rovescio, oltre alla capacità di restare mentalmente attaccato alla partita nonostante i servizi vincenti a raffica dell'avversario. Il bilancio dei precedenti è di 9-2 in favore della testa di serie numero tre di Wimbledon, ma Raonic ha vinto l'ultimo incontro disputatosi a gennaio in finale a Brisbane. Da allora Federer è andato incontro a una lunga serie di problemi fisici, risolti appena in tempo per far svoltare ancora una volta la sua stagione sui prati di Londra.