Ormai è l'uomo delle finali. Stan Wawrinka, il quinto Beatle che si è aggiudicato gli ultimi undici atti conclusivi dei tornei in cui è arrivato fino in fondo, si gode il successo agli US Open 2016, il terzo Slam della carriera dopo gli Australian Open 2014 e il Roland Garros 2015, e racconta di quanto fosse teso prima di entrare in campo sull'Arthur Ashe per sfidare Novak Djokovic: "Negli spogliatoi mi sentivo nervoso come mai mi era accaduto prima - dice Stan in conferenza stampa - a un certo punto sono anche scoppiato in lacrime. Avevo appena parlato con il mio allenatore Magnus Norman, sapevo che questa poteva essere la mia finale e che se avessi giocato al meglio delle mie possibilità avrei avuto una chance di vincerla".

"D'altronde, se vuoi battere il numero uno al mondo devi dare tutto. Ora mi sento completamente svuotato, ho lasciato ciò che avevo sul campo. Oggi ho provato a rimanere attaccato a Nole, ad essere duro con me stesso. Non volevo far trasparire alcuna emozione, non mostrare dolore nè fatica. Durante il match ho sofferto, ma ora non potrei essere più felice ed orgoglioso del risultato ottenuto. All'inizio della partita mi sentivo quasi stanco, ma sapevo che sarebbe stata una battaglia. Ho cominciato ad avere i crampi già nel terzo set. Nel quarto avevo dolore ovunque, ma la cosa più importante era continuare a lottare e provare a vincere. E' stato ciò che mi ha detto Norman prima della finale. Nei primi turni non ho giocato di certo il mio miglior tennis, ma sono riuscito a migliorare partita dopo partita. Contro Evans sono stato molto sotto pressione, ero esitante, tutt'altro che rilassato, e lui invece stava giocando benissimo. Sono stato fortunato a salvare un match point in quella partita. Dopo mi sono sentito sollevato e ho iniziato a sentire nuovamente la palla, come ieri in allenamento, quando ho capito che avrei potuto giocare al mio meglio. I miei prossimi obiettivi? Essere numero uno al mondo al momento non è realistico, sono molto lontano dal raggiungimento di un risultato del genere. In questi anni sto riuscendo a mantenere la media di quattro tornei vinti a stagione, tra cui uno Slam. Direi che non è male. Ora sono numero tre e voglio continuare a fare un passo alla volta. Proverò ad andare sempre oltre i miei limiti, in modo da non avere rimpianti".

Novak Djokovic sembra invece prendere la sconfitta (la quinta su sette finali disputate a Flushing Meadows) con filosofia: "C'è sempre da imparare, la vita è come un grande libro: continuiamo a scrivere pagine di storia, ma ce ne sono sempre di nuove. Speravo in un risultato diverso, ma so che dalle sconfitte si impara più che dalle vittorie. Non si tratta solo di vincere o perdere, ma di rispettare questo sport, i tuoi avversari, i tifosi che vengono a vederti. Non è mai facile gestire una sconfitta in una finale di un torneo dello Slam, in particolare quando giochi per quattro ore. Ovviamente volevo vincere, ma a volte bisogna saper accettare di perdere. Se mi avessero detto che qui a New York sarei arrivato in finale, sarei stato contento: non ero certo di venire e di poter giocare ad alti livelli. Durante i primi giorni del torneo non stavo bene, faticavo anche in allenamento, e ho sofferto al primo turno. Ecco perchè arrivare in finale è stato comunque un ottimo risultato. In questi ultimi anni ho alzato di parecchio i miei standards di rendimento e sono orgoglioso di quanto ottenuto. La finale di oggi si è decisa su pochi punti: Stan ha giocato meglio nei momenti importanti, mentre io ho sprecato troppe occasioni. E quando non sfrutti tutte quelle palle break, il tuo avversario prende fiducia. Per quanto mi riguarda, il successo non è solo vincere partite di tennis o conquistare importanti trofei, è qualcosa di più. Il motivo per cui continuo a giocare è la passione che ho per questo sport, poi a volte si vince e a volte si perde".