E' dalla stagione 2012 che Novak Djokovic non perde più di dieci partite all'anno. In quell'occasione le sconfitte furono dodici, quasi un'enormità se si considera il ruolino di marcia precedente (nel 2011 il bilancio fu di 70-6) e successivo (nove k.o. nel 2013, otto nel 2014 e sei nel 2015). Anche nel 2016 il fuoriclasse serbo ha rispettato la sua ormai abituale tabella di marcia, aggiudicandosi cinquantasei dei sessantadue match disputati. Eppure, le ultime tre sconfitte subite nell'arco di due mesi e mezzo sembrano a molti un campanello d'allarme, una piccola crepa nel dominio di granito di Nole. 

Va da sè, che su un campione così vasto, ci siano sconfitte e sconfitte, rovesci e rovesci. Bene, c'è un dato che però non può sfuggire agli appassionati più attenti: nel 2015, stagione conclusa con tre tornei dello Slam vinti (oltre al Master di fine anno), Djokovic era stato battuto tre volte su sei da Roger Federer (finale a Dubai e Cincinnati, match di round robin alle Atp Finals di Londra), mentre gli altri k.o. si erano verificati contro Ivo Karlovic (quarti a Doha), Stan Wawrinka (finale al Roland Garros) e Andy Murray (finale del Master 1000 di Montreal). Anche il 2016 era iniziato con il serbo in modalità rullo compressore: trionfi in serie a Doha, Melbourne, Indian Wells e Miami. In mezzo, uno stop dovuto a un ritiro (affaticamento con conseguente problema alla vista a Dubai), prima della vera sorpresa della primavera sulla terra rossa: la sconfitta al secondo turno del Master 1000 di Montecarlo, contro il promettente ma di certo non irresistibile ceco Jiry Vesely. Un incidente di percorso brillantemente superato con la vittoria a Madrid, anche se poi bissato in finale a Roma con Andy Murray (pure in quel caso al termine di un tour de force mica da ridere). E' invece da Wimbledon in poi che Djokovic ha cominciato a perdere ritmo: il serbo, che da anni non prepara i Championships partecipando a tornei su erba come Halle o il Queen's, è incappato in un clamoroso rovescio sui prati londinesi, sorpreso al terzo turno dalla pioggia e soprattutto dal bombardiere californiano Sam Querrey.

Quando si è abituati a perdere solo sei/sette partite di media all'anno, per di più quasi tutte in finale o quasi, una sconfitta di troppo può inceppare anche il meccanismo perfetto del vincente per antonomasia. "Ho creato un mostro", disse di sè Roger Federer negli anni d'oro della sua carriera, per rispondere ai giornalisti che lo incalzavano per qualche passo falso di troppo. Era vero, ed è probabilmente ciò che potrebbe accadere anche a Nole che, dopo Wimbledon, ha sì vinto a Toronto, ma ha soprattutto deluso alle Olimpiadi contro Juan Martin Del Potro e agli US Open contro Stan Wawrinka. Ma chi si attende un calo costante del numero uno al mondo potrebbe a sua volta rimanere insoddisfatto, perchè il Djokovic visto a Flushing Meadows non era al top della condizione, con acciacchi assortiti (spalla, piede) figli di una stagione e di uno stile di gioco logorante. E' ora che però gli avversari del serbo lo attendono al varco: inizia infatti a breve l'ultima fase di stagione, quella che l'anno scorso Nole dominò vincendo tutti i tornei disputati (Pechino, Shanghai, Parigi-Bercy e Master di fine anno), con l'unica - ininfluente - sconfitta subita nel round robin delle Atp Finals contro Roger Federer. La pausa di circa un mese che lo separa dalla trasferta asiatica servirà a Djokovic per ricaricare le batterie a livello fisico e mentale, nella speranza di non incappare in ulteriori passi falsi che gli farebbero perdere molti punti nella classifica Atp.