33 anni, cicatrici sparse qua e là, segno tangibile di una carriera lunga e faticosa. Una fascia a coprire la fronte, a illuminare il volto e a rifinire lo sguardo. Cuore e carattere, di marca spagnola, da Javea, luogo natio, a Valencia, attuale residenza. David Ferrer, la seconda freccia all'arco iberico. All'ombra di Nadal, poca gloria, ma tanto onore. Professionista, nel senso più ampio del termine. Lavoro e sudore, dal primo giorno, per costruire, passo dopo passo, una vita tennistica oggi invidiabile. Non è un fuoriclasse Ferrer, è un operaio della racchetta. Il primo Ferrer è ben diverso dal Ferrer versione recente, perché su una base solida, negli anni, si sono poste via via pietre importanti. Il Ferrer che si accinge ad infilare l'ultimo rettilineo di carriera è un giocatore completo, senza punti deboli. Colmate le lacune, oggi Ferrer gioca alla pari con tutti.

Un regolarista, per antonomasia. Difficilmente incappa in prestazioni negative, per superare l'ostacolo Ferrer occorre portare in scena una rappresentazione degna, controproducente attendere regali da David. "Bisogna batterlo, perché da solo non cade", questo in sintesi il pensiero sul classe '82 di Spagna. Niente di più vero. Un animus pugnandi con pochi eguali, un incedere rapido, frenetico, una sorta di rimbalzo continuo ai due lati del campo, un pendolo che oscilla senza conoscere sosta. Terraiolo, come la maggior parte dei giocatori spagnoli che nella polvere rossa trovano la massima espressione dell'Io tennistico, ma non solo. Da anni, competitivo anche sul veloce, proprio per quella capacità, di pochi, che conduce Ferrer a misurarsi con evidenti limiti, naturali e di colpi.

Il 2015 porta Ferrer per la settima volta tra i migliori otto al mondo. Tradizione sfavorevole, almeno nelle ultime tre stagioni. Il muro del round robin a respingere i sogni del folletto di Javea. Su una superficie come quella londinese, Ferrer inciampa nella forza dei primi della classe. Dominante con chi segue in classifica, alle corde con chi guida. Caratteristica da sempre affine al Ferrer giocatore. Nelle corde, però, la semifinale del 2011 e la finale, ormai lontana, del 2007. Si riparte da un buon finale di stagione per sognare lo sgarbo a chi, almeno ai nastri di partenza, appare superiore.

Ferrer durante le finali dello scorso anno

Annata a più facce per lo spagnolo. Inizio da corsa, in stile Ferrer. Nei primi messi dell'anno, tre dei cinque titoli targati 2015. Ferrer si impone a Doha - vittima illustre, Tomas Berdych - e a stretto contatto doma anche i tornei di Rio e Acapulco. In Brasile, si sbarazza agevolmente di Fognini, mentre nella fermata successiva piega Kei Nishikori, 63 75. Un buon torneo a Miami, quarti con Djoko. Sul rosso, manca l'acuto, ma Ferrer si presenta spesso sulla porta del "paradiso". A Montecarlo, nei quarti, spaventa Nadal, gioca un tennis splendido per un set, ma incappa poi nel ritorno del maiorchino. A Barcellona, la resa più dolorosa, in semi, con il connazionale Andujar. Nella Capitale, a Madrid, è Nishikori a stoppare Ferrer a livello di quarti, mentre al Foro, nel penultimo atto del torneo, è Djokovic a chiudere la porta. Si arriva così a Parigi e Ferrer corre spedito fino ai quarti, dove è Murray a eliminare lo spagnolo in quattro set. Seconda "delusione" Slam, dopo i saluti al quarto turno in Australia con Nishikori.

I problemi al gomito fermano Ferrer all'alba della stagione sull'erba. Wimbledon vede l'assenza del soldatino, costretto ad osservare da lontano anche l'evoluzione sul cemento americano. Ferrer torna in campo all'Open degli Stati Uniti, ma la miglior condizione è utopia. Chardy mette a nudo i limiti di David alla terza tornata. Kuala Lampur è terra di rinascita. In finale, batte Feliciano Lopez, ritrova la vittoria e lancia la volata verso le finals. A Beijing, si arresta in semifinale con Djokovic, a Shanghai ribaltone inatteso, prima dell'urrah viennese. In Austria, vince il titolo a spese di Johnson, dopo le affermazioni con Fognini e Monfils. L'ultimo passo a Parigi, pochi giorni fa. Ferrer raggiunge la semifinale, lì, in due set, lascia strada libera a Murray.

Difficile non ammirare David Ferrer, esempio per tanti. La vecchia guardia alza la voce una volta ancora, respinge l'arrogante talento giovanile e si regala una passerella inglese. Al tavolo dei migliori, con merito.

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Johnathan Scaffardi
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