Assenti - per motivi diversi - tre dei quattro Fab Four (Roger Federer, Rafa Nadal e Andy Murray), Novak Djokovic non ha faticato più di tanto ad aggiudicarsi il Master 1000 di Toronto, il quarto torneo stagionale di questa categoria dopo le vittorie già ottenute a Indian Wells, Miami e Madrid (finale a Roma e primo turno a Montecarlo gli altri risultati del 2016). Il serbo ha dominato anche in finale contro il giapponese Kei Nishikori, orgoglioso nel respingere una sconfitta che sembrava nettissima all'inizio del secondo set, ma comunque incapace di contrastare la superiore solidità del numero uno al mondo.

Con le Olimpiadi di Rio de Janeiro che inizieranno sabato 6 agosto, Nole potrà andare a caccia dell'ambita medaglia d'oro che lo proietterebbe in un'èlite ristrettissima della storia del tennis (Career Golden Slam, ovvero le vittorie di tutti i tornei Major e il titolo di campione olimpico). Attualmente il solo Murray sembra potergli sbarrare la strada sul cemento brasiliano, anche perchè Rafa Nadal è in dubbio per il singolare e non sarà comunque al top della forma. Molti dei protagonisti dell'ultima edizione della Rogers Cup hanno invece declinato l'invito a cinque cerchi per prendersi una pausa in un momento cruciale della stagione, che vedrà susseguirsi senza soluzione di continuità anche il torneo di Cincinnati e, a fine mese, gli US Open di New York. Tra loro Tomas Berdych e Milos Raonic, con quest'ultimo al di sotto delle aspettative davanti al pubblico di casa dopo l'entusiasmo per la finale raggiunta a Wimbledon. Sconfitto da un Monfils in stato di grazia, protagonista della miglior stagione della carriera e reduce dalla vittoria di Washington, il canadese continua a racimolare piazzamenti, senza mai dare l'impressione di riuscire a piazzare la zampata giusta (la semifinale vinta a Wimbledon contro Federer l'eccezione alla regola). Esattamente ciò di cui si nutre da anni il ceco Berdych, una presenza costante tra i primo otto al mondo, ma regolarmente sconfitto da chi gli è avanti in classifica. In un torneo in cui è mancato lo spettacolo, Kei Nishikori ha mostrato invece di essere tornato in buone condizioni fisiche dopo l'ennesimo infortunio muscolare della stagione, raggiungendo la finale grazie al suo tennis diligente, con la complicità del disastroso Stan Wawrinka visto in semifinale. 

Lo svizzero numero due (in tutti i sensi, come numero due elvetico e del seeding di Toronto) è stato irritante nella sfida con il nipponico, in particolar modo nel secondo set, in cui ha deciso di abbandonare in anticipo la contesa. Non hanno fatto molto meglio i giovani più attesi al varco: sia Dominic Thiem che Alexander Zverev sono apparsi svuotati di energie e in netto calo rispetto ai primi mesi della stagione. In particolar modo l'austriaco sembra pagare di colpo gli sforzi fatti fino a giugno per issarsi tra i primi otto giocatori del mondo, costretto al ritiro dopo pochi games del suo match d'esordio contro Kevin Anderson. Ha però sorpreso in positivo il più giovane di tutti, il beniamino di casa Dennis Shalopalov, che ha approfittato di una serata storta di Nick Kyrgios per rivelarsi anche agli appasssionati del circuito maggiore.

Chi non è più giovanissimo, ma ha dato segnali di risveglio è stato il bulgaro Grigor Dimitrov, a un passo da un'altra, inaccettabile, eliminazione al primo turno contro il giapponese Sugita e poi in grado di giungere fino ai quarti dopo aver spento il fuoco del bombardiere Ivo Karlovic. Contro Nishikori è andato al tappeto alla distanza, ma la speranza è che l'ultimo treno per una risalita sia afferrato al volo. Molti gli americani messisi in mostra a Toronto, da Rajeev Ram all'incompiuto Jack Sock, dal giovane Jared Donaldson a Steve Johnson (sconfitto da Fognini), passando per John Isner, Donald Young Ryan Harrison e Taylor Fritz. Tra loro, i più futuribili appaiono Donaldson e Fritz, mentre Harrison, Johnson, Ram, Young e Sock sembrano destinati a rimanere ancora nel sottobosco Atp. Chiosa su Fabio Fognini, che ha sfoggiato un nuovo look e una calma (quasi) olimpica, in linea con l'estate 2016. Peccato che dopo il trionfo di Umago, sia scivolato sulla buccia di banana piazzatagli sotto le suole proprio da Jared Donaldson.