Maledetti polsi. Si, entrambi. Maledetti legamenti che non hanno retto due volte, crudeli come non mai. Logori per le fatiche hanno ceduto prima a destra e poi, ancor più gravemente, a sinistra. Ma, per due volte, anche le speranze ed i progetti di un gigante argentino si stavano completamente logorando.

E' il 2009, il mondo sorride ad un ragazzone di Tandil. Battere a 21 anni Nadal in semifinale, Federer in finale ed alzare al cielo lo slam americano; non è da tutti. Ha grandi ambizioni Del Potro ed una carriera davanti per realizzarle. Il 2010 si apre con gli Australian Open, ma Delpo non ripete l'exploit consumato mesi prima all'interno dell' Artur Ashe Stadium, fermandosi al quarto turno. Poco importa, il tennis funziona e la gente lo ama. Inoltre arriva a toccare il suo best ranking: è l'ultima ruota facente parte dei Fab Four. Ma in un cupo pomeriggio di Febbraio, il polso destro fa crack. Le analisi parlano chiaro: 8 mesi di stop. La quarta posizione svanisce.

Si riaffaccia sui campi da tennis nel 2011 con un bagaglio pieno di obiettivi e sogni, che non fanno mai male. Torna da n°200 al mondo ed inizia il lungo e dispensioso tragitto per provare, di nuovo, ad essere a braccetto con i più forti. E' un anno sontuoso dove si toglie, al rientro dai box, anche lo sfizio di acciuffare i quarti sull'erba londinese. Stecca soltanto gli Us Open ma Palito è di nuovo lì, a ridosso della top ten. E non ha paura di nessuno.

Il 2012 porta ancora con sè le scorie dell'infortunio, ma l'argentino lavora sodo, gioca al massimo e spreme ogni singola goccia di sudore dal suo corpo. Guarda avanti, fissa Luglio ed esclama: ci sarò! L'Olimpiade arriva e si tiene in quel di Londra, dove l'aria sa di panna e fragole e dove i ciuffi d'erba, martorizzati, si staccano dal suolo. Il gigante di Tandil c'è, eccome se c'è ed arriva in semifinale. Di fronte ha Roger Federer, quel Re al di sopra di tutto e di tutti. E' una sfida dal profumo nostalgico che si decide al terzo set. E' un terzo set mascherato da quinto, poichè sul centrale finisce 19-17 Federer. Per Delpo c'è comunque la possibilità di prendersi il bronzo, ma bisogna superare il sempre più forte Novak Djokovic. Con una partita da 10 in pagella, Juan Martin sale sul gradino più basso del podio, è bronzo.

Il finale di stagione è in ascesa, i dolori al polso sono lievi e Delpo torna fra i grandi, issandosi fino alla settima posizione

E' già tempo di 2013, è tempo della stagione del definitivo recupero. L'anno è buono sotto tutti i punti di vista con picchi di alto tennis nel finale di stagione. Del Potro riacquista piena fiducia in se stesso, è contento e felice. Chiude con 4 titoli all'attivo e la top five riconquistata. E' tornato un big o forse non ha mai smesso di esserlo.

"Dopo gli Us Open ero la persona più popolare del mio paese e forse anche nel mondo del tennis. Mi sono reso conto che dopo pochi mesi, nessuno più parlava di me. In quel periodo nessuno sapeva cosa stava succedendo al mio polso, non sapevo se sarei tornato a giocare. Quello è stato senza dubbio il momento peggiore della mia carriera"

- Dicembre 2013, Juan Martin Del Potro ricorda il suo infortunio avvenuto nel 2010.

Eppure il destino è bastardo e spietato. Forse troppo. Inizia il 2014 con i riflettori puntati addosso. Agli Australian Open perde al secondo turno per mano di Bautista-Agut. E' un torneo australiano che lo vede tremendamente sottotono, visto che patisce piccole scosse di dolore al polso. Riacutizzarsi delle vecchie cicatrici? No macchè, stavolta il polso è quello opposto, ma ciò non lo allarma più di tanto. Arriva a Dubai dove decide di prendere parte, oltre al singolare, anche al doppio. Al primo turno gioca contro la wild-card Somdev Devvarman. Pochi scambi e poi Del Potro crolla. Le lacrime bagnano il cemento arabo e le urla squarciano un silenzio assordante. Il gigante è di nuovo K.O., stavolta il dolore arriva dal polso sinistro. Incredibile. La stagione finisce qui, se ne riparla nel 2015.

L'anno successivo rientra nel circuito. Bisogna di nuovo scalare posizioni su posizioni. Ma questa si stoppa bruscamente nel marzo dello stesso anno quando il polso lo costringe ancora una volta al forfait. Terza volta sotto i ferri, intervento riuscito.

A Gennaio 2016, Delpo risorge ancora dalle ceneri. Primi mesi di rodaggio e poi la vittoria d'autore a Madrid battendo il promettente Thiem. Sono di nuovo lacrime, coperte soltanto da un asciugamano; la voglia di giocare è nettamente superiore al desiderio di arrendersi al fato. A Wimbledon rovina la festa a Wawrinka, ma esce di scena al turno successivo, il secondo. L'adrenalina torna a salire e la voglia di stupire ancora una volta è tanta. Quattro anni dopo il bronzo di Londra, c'è Rio con il torneo olimpico. Al primo, però, c'è Djokovic che non è più l'atleta battuto 4 anni fa. La sfida è bellissima, tesa e aperta. Palito sembra quel tennista che abbiamo imparato ad amare, a conoscere. Scocca sassate di dritto che fanno male ed è attento tatticamente. L'impresa è compiuta, Djokovic è fuori. L'abbraccio tra i due, con il pianto prima di Del Potro e poi di Novak, resterà una delle immagini più belle nella bacheca del tennis.

Il sogno continua, l'emozione è tanta come racconta lui stesso. In semifinale c'è Nadal, un altro duro ostacolo. Juan Martin lo batte in rimonta dopo aver perso il primo set, è l'apoteosi. Si stende al tappetto visibilmente commosso, accanto ai cinque cerchi ed alla scritta "Rio2016"

Arriva la finale che fa rima con Murray. Viene fuori un match da pelle d'oca, con i due che lottano senza mezzi termini. Primo set britannico, secondo argentino. Le fatiche del match contro Rafa Nadal (3 ore) si fanno sentire, il sudamericano butta il cuore oltre l'ostacolo, resiste finchè può ma alla fine si arrende. La favola non è portata a termine ma il gigante buono ha messo in subbuglio molti cuori. Ieri bronzo, oggi argento, alla prossima sarà oro. Grazie di tutto Delpo