Dritto incrociato, variazione lungolinea, discesa a rete col rovescio dell'avversario che si infossa. E' il punto decisivo con cui Kei Nishikori si aggiudica, in oltre quattro ore, il match di quarti di finale contro Andy Murray agli US Open. Sotto il tetto chiuso dell'Arthur Ashe Stadium, il giapponese ha portato a casa l'ennesimo tassello della sua giovane – ma già brillante – carriera. Eppure, da questa parte del televisore, si avvertiva abbastanza chiaramente una strana aria di cambiamento, di un vero e proprio “turning point” nella carriera di Nishikori. A ventisei anni, Kei può contare già su 29 vittorie contro un top 10 (da Federer a Nadal passando per Djokovic e Murray) a fronte di 49 sconfitte. In passato, però, sembrava non riuscire mai a dare continuità alla sua azione nel corso dei tornei. Nonostante le undici vittorie ATP, molte ombre hanno sempre investito il nipponico, su tutte la sua fragilità fisica: quasi venti ritiri in carriera, tra cui quello pesantissimo nella finale di Madrid, nel 2014, quando stava dominando su Rafa Nadal. Ma non solo: gli addetti ai lavori battezzarono anche il suo tennis “leggero” da fondo campo, soprattutto dalla parte del dritto, con poca capacità di trovare accelerazioni vincenti o punti veloci col servizio.

Quello del 2016, invece, è un Nishikori diverso: sotto la guida della leggenda statunitense Micheal Chang, la concentrazione sembra essere diventata degna di un monaco zen, senza quegli alti e bassi che ne hanno a tratti segnato la carriera. Contro Murray, nonostante un primo set perso 6-1, l'interruzione per la chiusura del tetto e lo scozzese in versione chiacchierone, il numero 7 del ranking ha continuato a colpire giocando come sa, senza modificare il suo gioco né cadere preda di inutili frenesie. Con pazienza, il nipponico ha assecondato il gioco da fondo del suo avversario, rispondendo colpo su colpo anche ai pesanti servizi di Murray, aprendosi bene il campo e scegliendo quasi sempre la soluzione migliore per concludere il punto. Anche nei momenti topici del quarto e del quinto set, Nishikori è sembrato in totale controllo del suo corpo e del suo tennis, quasi estraniato dall'ambiente attorno a lui e dal rumorosissimo centrale di Flushing Meadows. Inoltre, nota cruciale, non ha rischiesto timeout medici, nonostante il match sia stato tutt'altro che leggero, dimostrando di aver migliorato la sua tabella di allenamento e la programmazione di tornei per provare a salvaguardare il fisico che troppe volte ha ceduto sotto pressione, dai problemi muscolari a quelli alla schiena passando per polsi e caviglie, con la destra che tuttora viene coperta da una vistosa protezione rigida.

Al di là della tenuta fisica e mentale, Nishikori sembra cambiato anche nella parte prettamente tecnico-tattica del gioco: Chang, vero e proprio mentore, sta migliorando anche il modo di stare in campo del suo assistito, capace di variare camaleonticamente a seconda dell'avversario. La risposta è efficace anche contro i cosiddetti big server, contro i quali anzi sembra “appoggiarsi” meglio per trovare angoli vincenti, come dimostrato anche nei match con Mahut e Karlovic dei turni precedenti. La rapidità del nipponico sulle gambe è impressionante e gli permette di raggiungere la posizione giusta sulla palla sia sul dritto che col rovescio: se possibile, anche in questo Nishikori si sta migliorando, coprendo bene il campo anche sulle accelerazioni più violente.

La vera novità, però, messa in mostra in grande stile nella partita di ieri, è stata la capacità di verticalizzare. Quando Murray ha colpito forte e con molta rotazione, Nishikori non ha esitato a fare un passo indietro per accettare il palleggio dal fondo, salvo attaccare e cucirsi alla riga di fondo nel momento in cui l'altro perdeva di mano il controllo del gioco. Inoltre, riportando gli occhi degli appassionati indietro di qualche decennio alle gesta proprio di quel Chang che oggi lo incita dalla panchina, Kei ha saputo attaccare la rete con continuità, cavandosela di volo (grande combinazione di posizionamento, tecnica di base e riflessi) anche contro uno dei migliori passatori del circuito. Forse questo è stato il vero punto cruciale del match: il britannico, nonostante le tante occasioni, ha approcciato la rete solo venticinque volte nell'intero match contro le quaranta del suo avversario, coraggioso a non esitare neanche nei momenti essenziali.

Insomma, dopo anni di ricerche, Kei Nishikori sembra aver trovato la quadratura del cerchio che unisce fisico, psicologia ed abilità con la racchetta. Solo il tempo saprà dire se il castello giapponese reggerà per più partite (a partire da quella di stanotte contro Stan Wawrinka) o se il viaggio è destinato a continuare.