Andrew Barron Murray o più semplicemente Andy Murray. Un nome che riecheggia da sempre nei timpani degli appassionati più incalliti, rimasto impresso fin dai tempi della benedizione datagli da un certo Roger Federer, il quale - sicuro di sè - dichiarò in un'afosa e torrida Bangkok datata 2005: "State certi che lo rivedrete, sentirete parlare di lui in futuro". Un nome - però - mai altisonante, mai eretto a paragoni o scomesse pesanti bensì rimasto nel freddo limbo per anni, a marcire nel purgatorio del tennis mondiale. Suonano dure queste parole, una ridondanza di aggettivi cupi e spenti. Eppure è stato questo il trattamento riservato ad un riccioluto ragazzo svezzato nell'agglomerato urbano di Glasgow. Il 2016 - però - ha illuminato il brutto anatroccolo diversamente, mettendo in risalto le doti più importanti per scorgere la tanto agoniata e desiderata vetta: umiltà e - soprattutto - costanza, le quali lo hanno avulso dall'etichetta di eterno secondo. La chiave di volta della stagione ha luogo proprio nell'imperterrita voglia di stilare un ruolino di marcia invidiabile, puntando dritti all'obiettivo prefissato. La stagione - basando il tutto su nude e crude statistiche - rimane senza dubbio la sua migliore. In fatto di Slam sono tre le finali, con la ciliegina sulla torta posta nel sacro tempio di Wimbledon. Ritorna il numero 3, sia per le vittorie nei Masters 1000 - Roma, Shangai e Parigi - sia per gli ATP 500 - Londra, Cina e Vienna. Dulcis in fundo, il back to back alle Olimpiadi; torneo alquanto importante anche se non citato nei punti ATP.

Murray con il trofeo di Parigi-Bercy - Fonte: @bnppmasters
Murray con il trofeo di Parigi-Bercy - Fonte: @bnppmasters

Lo scozzese per trovare continuità e risultati ha dovuto ritoccare e migliorare il proprio gioco, elevando colpi e stilando efficaci tattiche, ma non solo.

DIFESA

Difensivamente, si è iscritto all'albo dei più grandi. Murray già da tempo aveva fatto della difesa un punto fondamentale del suo gioco, ma quest'anno la peculiarità tattica lo ha portato a grandissimi traguardi. Gli spostamenti laterali risultano più efficaci e diretti, mentre la velocità di gambe è aumentata dando più stabilità al momento del colpo. Galeotta fu la difesa nel match contro Isner, la stessa che ha portato ad attacchi prolifici e redditizzi.

SCAMBI DA FONDO

​Andy è un rapace da fondo, un tennista capace di cuocerti lentamente nel suo brodo spostando pian piano l'inerzia dello scambio dalla sua parte. Un martello pneumatico che opta per un gioco profondo e variegato con l'intento di farti scoprire per poi passarti lungolinea o incrociato filo rete, indipendemtente di dritto o di rovescio. Ciò forza l'avversario a spezzare gli scambi scendendo a rete, un altro territorio consono a lui e dove va a nozze.

KILLER ISTINCT E LA MENTALITA' DEI CAMPIONI

​Una cosa che saltava all'occhio nel gioco psicologico di Murray era il nervosimo che si impossessava di lui magari dopo un paio di colpi spediti lunghi. Ricordiamo tutti - durante le Olimpiadi - il black out prolungato contro Fognini, quando rischiò di soccombere. Forse, quella gara, resta l'ultima del Murray vecchio stampo. Il neo N°1 ha poi cambiato pelle, riuscendo a trasformare le difese/attacchi sbagliati in forza mentale per non sbagliare più. Una diretta conseguenza è il ritrovato killer istinct, lucidato e messo in mostra con Isner, ma soprattutto tirato fuori dalla fondina nel duello contro Berdych - sempre a Parigi - quando rimontò il ceco dal 6-1 nel tie-break del secondo set. E si sa, per entrare e rimanere tra i grandi bisogna allenare la mente prima del fisico.

Adesso, riflettori accesi su Londra. Murray parte con 405 punti di vantaggio su Djokovic, ridotti a 130 causa la finale in Davis 2015. Stringere i denti per guardare tutti dall'alto, per una settimana o più. Good luck Andy!