Primo appuntamento del nuovo anno per lo Spazio Challenger di VAVEL Italia! Prima settimana di gennaio, si gioca in tre tornei: due sono stati raccontati dal fido Simone Cappelli, l’altro di cui ci occupiamo ora è quello di Playford City, in Australia, cemento outdoor da 75.000 dollari di montepremi.

In apertura di torneo è subito mattanza di teste di serie: cade la prima, Daniil Medvedev, numero 65 del mondo, dopo quasi due ore e mezza di lotta contro il redivivo Matosevic. Male, malissimo, anche Bjorn Fratangelo, che da strafavorito cede il passo al terzo set al tennista di casa, Polmans. Laaksonen, terzo nel seeding, perde invece con un secco doppio 6-3 dal classe ‘92 Banes. Out anche Stakhovsky, le uniche teste di serie a passare il primo turno sono Oscar Otte (5), Norbert Gombos (6, bravo a passare sull’unico azzurro in tabellone, Lorenzo Sonego) e Uladzimir Ignatik, che ferma subito Mckenzie McDonald, reduce da un finale di 2017 da sogno sul cemento americano.

Dal secondo turno in poi dunque spazio alle sorprese ed alle mine impazzite: Brayden Schnur sembra aver trovato un minimo di continuità nel suo gioco e passa contro Otte (6-2, 3-6, 6-2) prima di andarsi a giocare il quarto di finale con Marinko Matosevic. Una maratona senza fine, tre ore e un quarto di partita che vede uscire vincitore, al tie-break del terzo, il ventiduenne canadese. A spuntarla nel secondo spichcio di tabellone è invece Evan King, che dopo aver superato al terzo Banes si sbarazza di Norbert Gombos con un rapido 6-4, 7-5. Conferma la sua crescita anche Reilly Opelka, che dopo il tiratissimo esordio contro Berankis (6-7, 7-6, 7-5) vince con un doppio tie-break anche su Majchrzak, trovandosi contro l’australiano Omar Jasika, già mattatore di Purcell e Tommy Paul. L’americano conferma il suo sangue freddo vincendo il terzo tie-break in tre partite, poi subisce la rimonta per 7-5 ma alla fine trionfa al set decisivo.

Ad arrivare in semifinale nell’ultima parte di tabellone è la storia della settimana, quella di Jason Kubler: considerato alla fine dello scorso decennio uno dei talenti più brillanti della racchetta australiana, ex-numero 1 del mondo Juniores, i ricorrenti problemi al ginocchio (già sei operazioni subite) ne hanno ridimensionato l’ascesa da pro. Dopo anni durissimi, però, Kubler sembra aver ritrovato confidenza, fiducia ed un pizzico di tranquillità: arrivando dalle qualificazioni, ha spazzato via Whittington ed Ignatik senza lasciargli neanche un set, prima di trionfare anche in un rapidissimo (6-3, 6-3) quarto di finale contro il connazionale Bolt.

La sfida contro Opelka in semi era attesa da tutti come super-combattuta, e così è stato: un primo set teso, senza break, ha visto il tennista di casa trionfare 7-3 al tie-break. L’americano ha provato a rispondere,andando avanti anche 3-1 nel secondo, ma un filotto di cinque games consecutivi hanno messo nelle mani di un emozionatissimo Kubler il pass per la finale. Dall’altra parte, in una sfida che si preannunciava altrettanto equilibrata, Brayden Schnur ha mostrato tutta la sua qualità e duttilità per superare Evan King: 6-3, 7-6 a favore dell’aussie. Nella finalissima, però, lo spettacolo è stato molto più a senso unico: Jason Kubler ha trovato il suo miglior gioco, una sinfonia di vincenti che gli vale il terzo Challenger vinto in carriera (dopo Sibiu 2014, e Traralgon a fine 2017) e, a coronamento di una scalata che potrebbe mettere fine al suo calvario di infortuni, una wild card per gli Australian Open, primo torneo del Grande Slam giocato da otto anni a questa parte.