Gli addii sono sempre una pratica difficile, ardua. Difficile perchè si è spesso contenti a metà. Lasciare lo sport che ti ha forgiato/a è un distacco che fa male, sintomo che la vecchia vita verrà riposta in un polveroso cassetto da molti dimenticato. Eppure iniziarne una seconda consente agli sportivi di non affogare in un vortice di pressioni, situazioni e momenti che disidratano mente e corpo. Ana Ivanovic è parsa felice in quel minuto e mezzo scarso in cui ha annunciato al mondo intero il suo ritiro dal tennis professionistico. Sgomento generale diviso tra la felicità di alcuni (sì, proprio così) e la tristezza scalfita sul volto di altri.

In molti avevano previsto la possibilità di un suo ritiro, dopo che lei e Bastian Schweinsteiger (calciatore tedesco, ora in forza al Manchester United) erano convolati a nozze in quel di Venezia, in uno scenario fiabesco. Cerimonia sfarzosa e piccola finestra su una nuova vita, per entrambi. Fino all'ultimo secondo abbiamo sperato in altro, Ana invece ci ha rifilato una stoccata dolorosa ma - viste le ultime apparizioni - giusta. Solito charme, ecco il messaggio divulgato

Ventinove primavere forse sono troppo poche per donare al vento ciò per cui sei nata. Ma gli ultimi due anni sono stati davvero difficili per la campionessa di Belgrado, tra critiche, condizione precaria (tanti, troppi infortuni) ed un talento che sfioriva sempre più. Per inquadrare il climax della sua carriera, basta tuffarsi a capofitto nel 2008 e cerchiare di rosso - come la terra - il Roland Garros. Vittoria fantastica, dopo aver agguantato la prima posizione del ranking WTA a soli 20 anni. La più giovane serba di sempre a salire sul gradino più alto del podio, un motivo ci sarà. Ana - comunque - ha detto di voler continuare a lavorare nel mondo del tennis, scopriremo presto in quale ambito.

Ma soprattuto, incatratrice? Già. Perchè la Ivanovic riusciva ad attirare spettatori con il binomio bellezza - occhi da cerbiatta e coda di cavallo - e talento. Eleganza tramutata nella racchetta, nei movimenti che accompagnavano il colpo e nella frustata stessa. Giocatrice sublime da fondo campo, capace di ruotare lo scambio con il dritto e di scendere brillantemente a rete carezzando delicatamente la pallina come una mamma fa con il suo piccolo. Uno spettacolo vederla in campo, un immenso dolore vederla lontana dalla sua condizione negli ultimi tempi. Certe sensazioni non si scordano facilmente, oggi più che mai luccica il trofeo parigino esposto in salotto.

Fonte: zimbio.com
Fonte: zimbio.com