Musica - Il rap e Sanremo, un rapporto che ancora fatica a carburare

Esattamente come quando è arrivato in Italia, a Sanremo il rap anche a questo giro uscirà dalla porta principale senza far rumore. Il primo importatore di un genere che in America e Inghilterra stava spopolando fu Adriano Celentano, con Prisencolinensinainciusol nel lontanissimo 1972. Non fu il primo esempio di rap vero e proprio, ma l'inizio di quella sperimentazione che poi avrebbe portato al vero e proprio arrivo della musica black in Italia negli anni '90. Già negli anni '70, l'esperimento effettuato dall'Adrianone nazionale non piacque più di tanto, suscitò numerose critiche, per poi venir rivalutato solo molto tempo dopo. In questi ultimi anni il pezzo sta avendo una seconda giovinezza, tanto da essere scelto dalla Microsoft nel 2014 per pubblicizzare il videogioco Forza Horizon 2.

Andando più nello specifico, per quanto riguarda Sanremo però anche negli anni '90, periodo in cui il rap ha iniziato ad imporsi, praticamente nessun rapper ha voluto fare il salto provando a farsi notare per arrivare alla rassegna ligure. È un quasi però, perchè c'è un artista che ha iniziato proprio sul palco dell'Ariston la propria carriera, ovvero Caparezza. Capa al tempo si faceva ancora chiamare Mikimix ed era rasato, una visione quasi inconcepibile se pensiamo al rapper molfettese odierno, che ha fatto del suo cestone di capelli un marchio di fabbrica. Sta di fatto che Mikimix partecipò a Sanremo giovani nel 1995 e nel 1996, entrando poi nella sezione "Nuove Proposte" del Festival del 1997. Tutti concordano però che Michele Salvemini (vero nome del rapper) continuando su quella strada non sarebbe arrivato da nessuna parte, con pezzi che non riuscivano a fare colpo e dimenticati presto dalla gente. Anche Caparezza stesso considera quello come un periodo buio, tanto che nei suoi pezzi lancia più di qualche frecciatina al suo vecchio alterego. In "Habemus Capa" title track del suo album uscito nel 2016, la terza strofa la dedica proprio al suo passato Sanremese, con tanto di un: "Sei tu Mikimix?" "Tu lo hai detto".

Il secondo millenio ci saluta, ma non la voglia del rap di provare a fare un secondo tentativo, stavolta che sa un po' di all in. I Sottotono infatti nei primi anni duemila sono i colossi del rap italiano, il nome più grosso che la scena possa offrire, con la firma per la major Warner, dischi di platino con dischi come "Sotto lo stesso effetto" e singoli che tutt'ora sono conosciuti, come "La mia coccinella" (album: Soprattutto Sotto, 1994, Vox Pop/Flying Records). Tormento e Big Fish, i due membri rimasti sotto il nome Sottotono ai tempi, però non ne usciranno bene dalla rassegna. Il risultato fu un quattordicesimo posto (il terzultimo), con il brano "Mezze Verità", quindi nulla di chè, ma aspettarsi posizioni molto più alte sarebbe stato assurdo, dato che portavano qualcosa di molto nuovo e che andava ancora assimilato bene dal grande pubblico. Ciò che danneggiò gravemente i Sottotono furono le polemiche post Sanremo, che denunciano proprio una non comprensione del rap. Il noto programma televisivo "Striscia la Notizia" accusò infatti il duo di plagio, non capendo che nel mondo del rap prendere dei sample o dei suoni da un altro pezzo (pure famoso) per fare qualcosa di nuovo è la normalità. Durante una conferenza stampa l'inviato Valerio Staffelli provò a consegnare il Tapiro d'oro ai Sottotono, ma la cosa finì addirittura con una collutazione. Raffaella Carrà, presentatrice del Festival nel 2001, difese gli artisti, ammettendo che spesso i giornalisti non sanno contenersi. Questo purtroppo però non bastò per mantenere intatta la reputazione della coppia. Inoltre la direzione chiese di eliminare alcuni termini troppo volgari, altro fattore del rap insidioso per il grande schermo. Così il pezzo risultò tronco e si sentiva il rumore della censura. Tutto contribuì non poco alla fine del progetto Sottotono e questo scosse il mondo rap italiano, che ci metterà molto prima di tornare a fidarsi del Festival.

Il Festival di Sanremo 2001 però rimarrà un capitolo nerissimo per il rap italiano anche per un altro motivo. Tra gli ospiti infatti la direzione riuscì a chiamare niente di meno che sua maestà Eminem, una leggenda per chiunque sia appassionato di Hip-Hop. Marshall Bruce Mathers III sbarcò con i suoi D12 (Dirty Dozen) e performò quello che sulla carta era un super medley, composto da "I'm Back", "Purple Hills" e la mega hit "The Real Slim Shady". Ci sono però due problemi, che si riveleranno mortali. Tutti i pezzi infatti verranno messi sotto censura, troncandogli sostanzialmente le gambe. In più Slim Shady e la sua crew erano abituati a ben altri contesti, mentre invece si sono ritrovati a rappare in un teatro con il pubblico seduto, immobile e che creava un contrasto incredibile con i movimenti tarantolati di Eminem e i suoi. L'episodio fu quantomeno imbarazzante e il rapper americano restò probabilmente anche scottato dalla cosa, tanto che nei 16 anni successivi lo si vedrà calcare un palco italiano solo nel 2004, agli Mtv Ema di Roma, dove cantò due pezzi.

Ci vorranno sette anni prima che il rap assorba la botta ricevuta nel 2001. A rimettersi le vesti da pioniere fu nel 2008 Frankie Hi-Nrg, il quale proponeva un buon compromesso tra il mondo del rap e quello della musica italiana, con buone chance di essere compreso dal pubblico del Festival. Il brano "Rivoluzione" (singolo dell'album DePrimoMaggio, uscito per Sony) non fu una hit, ma fece comunque un'impressione discreta. Non entrò in top ten, ma venne messo a pari merito con gli altri dieci brani della seconda metà della classifica. Se consideriamo cos'era successo l'ultima volta che il rap entrò all'Ariston, non ci si può lamentare. Bisognava battere il ferro finchè era caldo e nel 2009 i GemelliDiVersi provarono a dire la loro. Un dodicesimo posto finale che non fece scalpore, ma che non suscitò nemmeno particolari polemiche. Negli anni immediatamente successivi non fu il mondo del Festival a non cercare il rap, ma furono più che altro gli artisti stessi a rifiutare la partecipazione, perchè era chiaro che i due mondi ancora faticavano a conciliarsi e non era ancora il momento giusto. Fabri Fibra per esempio fu cercato più volte, ma rifiutò sempre le proposte arrivategli, perchè il suo modo di esprimersi ed esibirsi non era (e forse ancora non lo è) adatto al pubblico dell'Ariston. Il pezzo "Andiamo a Sanremo" (album: Bugiardo, 2008) e i riferimenti al Festival che fa nei suoi versi e nelle sue interviste bastano a capire che idea abbia Fabrizio sulla cosa.

Dopo anni di limbo "post 2001" il rap esplode definitivamente nella musica italiana e gli artisti tornano a guardare al palco dell'Ariston con interesse, dato che è comunque una vetrina molto importante in Italia. A rompere il ghiaccio è stato Clementino, che nel 2013 fa la sua prima apparizione al Festival di Sanremo, come ospite degli Almamegretta, destando una buona impressione, frutto anche della sua passione per il mondo del teatro, che lo rende un animale da palcoscenico. È però l'edizione del 2014 a segnare una piccola svolta nel rapporto tra il rap e Sanremo. Si rivede Frankie Hi-Nrg, che si posiziona come al solito nella metà bassa della classifica, ma soprattutto spicca Rocco Hunt nella sezione giovani. Un Rocco ancora alle prime esperienze da artista e che si era appena imposto nel mondo dell'underground grazie al mixtape Spiraglio di Periferia (che contiene il super pezzo "O' mar' e o' sole", con la collaborazione di Clementino) e all'album "Poeta Urbano" sbarca così su un palco di importanza nazionale. E ribaltando qualsiasi pronostico sbaraglia tutta la concorrenza, trionfando nella sezione giovani con "Nu juorno buono", brano che oltre a essere pericoloso per antonomasia essendo rap, vede pure un grande uso del dialetto napoletano ed è risaputo che il dialetto nei pezzi mainnon sempre viene visto di buon occhio. Il successo è a dir poco clamoroso e oltre a lanciare la carriera di Rocco Hunt (che nonstante sia ancora giovanissimo è già al terzo disco ufficiale) apre per la prima volta uno spiraglio reale al mondo del rap. Nell'edizione 2015 per la prima volta saranno ben due i rapper a provarci, ovvero Moreno e Nesli. Su quest'ultimo si possono aprire una miriadi di parentesi. Che non è più un rapper, che non è più il suo ambiente, che è diventato altro, etc... È vero, ma i suoi tanti anni da rapper e il grande lavoro fatto con suo fratello Fabri Fibra prima di litigare non si cancellano. Per i due i risultati non saranno stupefacenti. Moreno vedrà un po' alla volta finire la sua notorietà arrivata grazie ad Amici e all'album Stecca. Nesli invece sfrutterà un po' meglio la vetrina e inizierà a farsi conoscere dal grande pubblico, pur con un genere che col rap ha poco a che vedere. Nel 2016 sono invece Clementino e Rocco Hunt a provare a dire la loro al Festival e ottenendo quelli che fino ad ora sono i risultati migliori per dei rapper a Sanremo nella sezione big. Clementino ottiene infatti il settimo posto con "Quando Sono Lontano" e Rocco, alla sua prima volta tra i "grandi, arriva nono con "Wake Up". Entrambi i brani arrivano al pubblico, perchè sono il compromesso giusto tra rap e musica leggera. Non è ancora abbastanza per arrivare sul podio naturalmente, ma le contaminazioni sono sempre più forti e la cosa fa ben sperare per il futuro.

Futuro però che in questo 2017 non sembra essere partircolarmente roseo. In questa edizione del Festival infatti, che vede per la prima volta addirittura tre rapper in gara (due e mezzo, diamo a Nesli ciò che è di Nesli), sia Raige, che Clementino che Nesli sono già a rischio eliminazione, con dei pezzi forse troppo tendenti al pop e che snaturano un po' troppo il percorso artistico fatto fino ad ora in particolare da Raige e Clementino. Vedremo cosa accadrà con i ripescaggi, ma forse per vedere altri successi dovremo aspettare il 2018.

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