Il cambiamento è il sale della quotidianità. Cambiamento è anche sinonimo di opportunità. Quando si decide di cambiare, la scelta può essere dettata da esigenze "di contorno", che spingono verso una nuova presa di coscienza e un nuovo modo di inquadrare la realtà. Se il cambiamento è qualcosa che "desta le genti e scuote la plebe", il passaggio da spettacolarità a concretezza lo è ancora di più. Per informazioni, chiedere alla "nuova" Roma di Luciano Spalletti che, un po' per necessità un po' per strategia, ha cambiato pelle alla sua creatura, trovandosi fra le mani un embrione ancora in stato di gestazione, ma dall'avvenire apparentemente roseo. 

Riavvolgendo il nastro ad appena un anno fa, c'è da sgranarsi gli occhi. Il ritorno del tecnico di Certaldo sulla panchina giallorossa ha fatto parecchio scalpore, ma chi meglio di lui poteva destare la "magica" dalle ceneri dell'era Garcia. Il tutto si è concretizzato in un girone di ritorno all'insegna dello spettacolo, dei gol e delle vittorie. La Roma, grazie ad una campagna acquisti mirata (Perotti ed El Shaarawy su tutti) ha ritrovato la voglia di divertirsi e far divertire, convogliando i dettami del suo tecnico col tripudio di qualità e talento dei suoi protagonisti. Fortunatamente, abbiamo la memoria abbastanza lunga per tornare nostalgicamente indietro di qualche primavera. Negli ultimi anni, infatti, i tifosi giallorossi hanno sempre dovuto fare i conti con una squadra fin troppo spregiudicata, un pochino egocentrica, spiccatamente narcisista ma al tempo stesso estremamente fragile di fronte al primo "muro di carta". Da Zeman a Luis Enrique fino allo stesso Garcia. La Roma aveva perso la capacità di mostrare i denti ed "essere brutta" al punto giusto. Anche Spalletti non sembrava più in grado di ridare alla sua squadra un'anima combattiva. Le ultime partite, invece, (complici assenze e aggiustamenti tattici) hanno fatto gridare al miracolo.

Diamo qualche numero per rendere l'idea: tre vittorie consecutive senza subire gol, segnandone il minimo indispensabile (3); Nainggolan e Fazio, emblemi della metamorfosi, capaci di vantare la miglior percentuale di riuscita nei contrasti di tutto il campionato (93%). A tutto questo, va aggiunta una ritrovata consapevolezza dei propri mezzi, un cambio di modulo con due terzini in grado di coprire tutta la fascia e garantire al tempo stesso la giusta copertura. Facendo di necessità virtù (vista l'assenza di Salah) i giallorossi hanno trovato, nella rocciosa linea mediana composta da De Rossi e Strootman, un punto di forza notevole, grazie al quale l'azione avversaria viene spezzata e si effettua la transizione positiva. Da non sottovalutare anche l'evoluzione del belga Nainggolan, sapientemente convertito in un incursore "alla Perrotta"; la sua qualità e il suo furore agonistico fanno la differenza ora che ha avanzato il suo raggio d'azione.

Come un Kafka qualsiasi, il buon vecchio Luciano Spalletti ci ha visto lungo e, memore degli errori passati, sta cercando sempre di più di far sì che la sua Roma assomigli alla Juve-schiacciasassi. E' un concetto intrigante, ma al tempo stesso semplice da capire. La Roma non è mai stata in grado di addormentare le partite come la Vecchia Signora, e al tempo stesso "Madama" non ha mai avuto un gioco spettacolare paragonabile a quello delle due rivali (Napoli e, appunto, Roma). Adesso, quando ci avviciniamo al periodo chiave della stagione, una nuova luce sembra aver illuminato la via dei condottieri delle prime due forze del nostro campionato. Uno scambio d'identità in pieno stile teatrale, dai risvolti imprevedibili ma al tempo stesso affascinanti. La Juve per l'Europa, la Roma per riaprire un campionato già scritto: se anche il calcio prende spunto da Franz Kafka, allora ci divertiremo parecchio.