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Essere campioni

Quando il destino è più forte del dolore e la determinazione vincolo primo per sfiorare l'infinito.

Essere campioni
Essere campioni
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Di Simone Cappelli

Una luce fioca, flebile, penetra tra i vetri isolanti di una finestra. Uno sguardo sgualcito dai pensieri si contrappone all'anima, in pena per un futuro più che mai cupo. I dottori bisbigliano tesi, analisi e stilano supposizioni mentre il tuo braccio protetto dal gesso emana dolore. Un sogno sta per essere accatastato; impilato, chiuso e posto sotto combinazione. Tutto svanito tra le lettere di una cartella clinica che desta paura e sgomento. Non ci sarà più nulla. Il sudore, le risate e gli obiettivi di un allenamento, l'adrenalina nel giorno della gara. Passeggiare tra corridoi infiniti imbracciando una borsa colma di racchette, energizzanti e foglietti sparsi; aspettare con ansia il richiamo dello speaker ed entrare nella selva pronti a stridere, sporcare e consumare le scarpe per un pezzettino di gloria. Nulla. Buio. Buio totale. I medici proferiscono parole dure e le speranze crollano da un momento all'altro, come carte accarezzate dal vento. "Dovevo smettere di giocare" racconta Del Potro. "​Grazie a chi mi ha aiutato a non scegliere la strada del ritiro".

​Poi la rinascita, la voglia di strappare in mille pezzi un destino già scritto. Il comeback - doppio - a testimoniare un fuoco che arde, impossibile da spegnere. Torna il 15 febbraio nella frenetica America. Lo aspettano a Delray Beach, Florida, ATP 250. Tre turni superati prima dell'estromissione da parte di Sam Querrey - futuro campione - in semifinale. Ma ciò importa poco; l'eroe di Tandil, il gigante buono argentino, è pronto a far sognare un popolo caldo e sanguigno. E' pronto a sollevare delicatamente la mano per salutare coloro che lo ritraggono in qualche bandiera vissuta o che lo incitano attraverso cori e cantilene. Il 2016 di Palito è un treno che viaggia ad alta velocità, che sfreccia sul binario delle emozioni. E' tutto racchiuso nelle dolci lacrime dopo la vittoria contro Thiem a Madrid, nella commozione dopo i cori riservatigli a Wimbledon. Senza dimenticare lo scalo a Rio, la vittoria su Djokovic e l'inverosimile medaglia d'argento che impreziosisce il petto. Tutto condito da un'atmosfera fiabesca, con quel pathos smorzato da note fantastiche tipico da giocatori inversamente proporzionali per grandezza e altezzosità.

Arriviamo a Zagabria, la terra dei croati. L'ultimo atto della Coppa Davis 2016. Gloria eterna spalmata su massimo 5 match. Delpo recupera forze mentali e fisiche per ribaltare un pronostico. Con lui - a supportarlo nell'impresa - una gloriosa squadra, maledettamente coesa. Delbonis cade mestamente contro Cilic in 5 set, dopo una rimonta tutto cuore. Arriva la sfida tra giganti; Karlovic opposto a Del Potro. Il sudamericano non fallisce l'opportunità, quattro set bastano per consegnare la sconfitta alla Croazia. Il sabato regala un doppio dal sapore amaro, tre veloci set e 2-1 Europa. Le strade si incrociano, il match sfocia nel settimo giorno della settimana. Giorno di chiusura, di festa, di fine dell'anno tennistico. Ed ecco Cilic - Del Potro, il duello epico tra i due rappresentanti di spicco. Il croato è perfetto nei primi due set; cinico, freddo, spietato. Un omicida con la pistola fumante, pronto a porre fine all'idillio. Delpo non lo accetta, risorge dalle ceneri come una fenice e ricostruisce - in due ore - un sogno proibito. Stende le braccia e vola sopra la folla argentina, 2-2. Parità. Spetta a Delbonis adesso, chiudere il cerchio. Dal suo piatto corde esce un tennis mai visto prima, sostanza e concretezza nonchè maestria e delicatezza. Il gigante Karlovic si arrende, Federico cade a terra esausto ma felice. La prima Coppa Davis è realtà; l'Argentina ha dei nuovi eroi, capitanati da un re errante e vincente. Essere campioni significa lottare contro il fato, abbracciare l'insalatiera spargendo un messaggio metaforico. Ancora una volta, vamos Delpo. Grazie per le emozioni

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About the author
Simone Cappelli
Divido la mia conoscenza sportiva tra calcio, tennis e basket. Il rettangolo verde è stato il mio primo amore ma con il tempo non ho saputo resistere al fascino di una schiacchiata in alley-oop ed a un dritto lungolinea. Amo tre giocatori alla follia, uno per sport. Il Re, Roger Federer, il play per eccellenza, Chris Paul ed un improbabile messicano scappato di casa, tale Javier Chicharito Hernandez